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Waiting

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VOTO: 8.5

Quella mano misteriosa

Tra le visioni più interessanti all’interno della ricca offerta della cinquantacinquesima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, v’è indubbiamente Waiting, diretto nel 1974 da Amir Naderi (presente al festival in qualità di presidente di giuria) e uscito in sala in Iran soltanto tre anni dopo, a causa di problemi con la censura locale.

E se i primi film di Naderi realizzati in Iran hanno, purtroppo, riscontrato parecchi problemi con le autorità locali, è soprattutto per le importanti riflessioni circa la politica e la società iraniana, da sempre contestate dal cineasta, per una serie di opere in cui ogni protagonista è spesso intento in imprese più grandi di lui, in imprese che hanno quasi dell’impossibile e, a tratti, del surreale. È così per lavori più recenti come Monte (2016), Cut (2011) o Marathon (2002) – giusto per citarne qualcuno – così come è stato per il presente Wating, in cui la scelta di un protagonista bambino tanto sta a ricordare i lavori del collega connazionale Abbas Kiarostami.
E così, la quotidianità del giovane protagonista viene messa in scena con un ripetersi ciclico delle sue azioni e delle sue abitudini. Il ragazzo, infatti, viene ogni giorno incaricato dalla madre di presentarsi con un recipiente di vetro davanti alla porta di un grande edificio. È dal suo grande portone che, immediatamente, spunta la mano ingioiellata di una giovane donna, la quale si fa porgere il suddetto recipiente di vetro per poi riempirlo di ghiaccio e ridarlo al ragazzo. Il giovane, letteralmente rapito e affascinato da questa misteriosa presenza, cercherà in tutti i modi di scoprire di chi, in realtà, si tratti, arrivando al punto di seguire un gruppo di donne coperte dal velo, mentre si allontanano in mare su di una barca.
Come lo stesso titolo sta a suggerire, dunque, è una sofferta, sospirata attesa a riempire le giornate del ragazzo, per un forte, fortissimo desiderio di conoscere la verità. Tale attesa viene ben resa da Naderi con una messa in scena assolutamente priva di dialoghi e di commento musicale, per un approccio estremamente realistico, con un costante pedinamento del giovane protagonista. Al via, dunque, corse folli, momenti trascorsi in casa nell’attesa di ricevere il proprio compito e, infine, lunghi, lunghissimi sospiri con la certezza che la misteriosa mano si palesi nuovamente. Ma sarà davvero per sempre così?
In soli quarantadue minuti, dunque, Amir Naderi è perfettamente riuscito a rendere una precisa idea dei sentimenti del protagonista, mettendo in scena un importante percorso di crescita. Un percorso verso la scoperta di una nuova parte di sé in cui è ancora lo spirito vivace di un bambino a guidare verso determinate scelte. Proprio come stanno a dimostrare le scene di truffautiana memoria girate in riva al mare. È qui che il ragazzo, guardando intensamente verso il mare, in cerca di scoprire chi sia la misteriosa donna, volge lo sguardo simbolicamente verso il proprio futuro, verso un domani di cui non v’è certezza alcuna.

Marina Pavido

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