La difficoltà di un addio
Ombre riposano nella soffitta buia,
Tra i resti di un tempo e i ricami della luce,
Con la polvere trasformano
Libri e quaderni vecchi
E un sogno rimasto a specchiarsi nel tempo,
Tra rovine di un giocattolo.
Profumo di colla bianca, ritrovato qui,
Fantasmi vecchi e nuovi si confondono.
La Locanda delle Fate, “Profumo di colla bianca”
Può costituire una piccola, deliziosa anomalia, almeno nel panorama del cinema italiano contemporaneo, un film come Via Don Minzoni N°6. Non di rado infatti ci imbattiamo in opere prime o in produzioni comunque recenti attraverso le quali si puntano i riflettori su un nucleo di personaggi più o meno giovani, magari trentenni, nonché sul tipo di relazioni che si sviluppa tra loro. Il tono generale tende però ad essere frivolo, i rapporti tra i protagonisti si adagiano ben presto su un binario fatto di sentimenti “gridati” (Muccino purtroppo ha fatto scuola), dialoghi pacchiani e ostentazione maldestra del proprio personaggio.
Andrea Caciagli, autore di Via Don Minzoni N°6, pare invece intenzionato a inquadrare certi dilemmi generazionali, o forse soltanto una particolare età della vita, con uno spirito quasi “gozzaniano”, partendo cioè dalle piccole cose e dallo stato d’animo comprensibilmente turbato del protagonista, al momento di lasciare per sempre la casa della propria infanzia. Ciò produce semmai un mood non troppo distante, volendo, da quello delle opere più malinconiche e intimiste di Pupi Avati. Chissà, sarà anche l’impatto nell’economia del racconto di quell’ultima partita a poker tra amici, organizzata in fretta e furia l’ultima notte prima che l’abitazione venga venduta, ma tale riferimento ci è venuto spontaneo…
Pur trattandosi di una piccola distribuzione a macchia di leopardo, c’è quindi da gioire per la presenza in sala del delicato racconto di formazione i cui interpreti sono Francesco Gaudiello, Lia Grieco, Mirko Risaliti, Irene Battaglia, Giusi Merli, Paolo Fratini, Carolina Pezzini, Federico Carchedi, Bruna Orlando e Andrea Butelli. Tutti molto naturali e credibili, a partire dal protagonista Andrea (colui che ha perso da poco i nonni e che per motivi economici si è visto costretto, assieme ai genitori, a vendere la loro vecchia casa piena di ricordi), nell’animare una serata gravida di (ri)scoperte, chiarimenti, memorie scolastiche e non da condividere insieme ancora una volta.
Il lungometraggio, già in selezione ufficiale al Florence International FIlm Festival, all’Ostia International Film Festival e al Rome Indie Film Festival, è stato presentato in anteprima il 22 febbraio al Cinema Delle Provincie, una delle tante accoglienti case che sta trovando a Roma il cinema indipendente, ed è poi partito in tour attraverso la Penisola puntando innanzitutto verso la Toscana, ovvero verso i luoghi dove la storia è ambientata e il film stesso è stato girato.
Basandosi su esperienze autobiografiche il regista Andrea Caciagli ha quindi trovato la chiave giusta per portare sul grande schermo situazioni spesso trascurate o considerate troppo “minimaliste”, da un cinema mainstream che spesso, ahinoi, preferisce si alzi la voce su certi temi. Con quei flashback che riemergono come manciate di sabbia dal passato del protagonista, con le storie poco appariscenti o solo accennate dei suoi amici, coi toni scanzonati quantunque mai del tutto effimeri nel rievocare i tempi della scuola, l’autore ha saputo comunque creare sullo schermo un momento di condivisione che colpirà gli animi più sensibili. Toccando anche, in punta di fioretto e senza alcuna pretesa di affrontare seriosamente e a brutto muso tali questioni socio-politiche (difatti il tocco lieve della commedia non viene mai meno), un argomento che può rappresentare anche un campanello d’allarme per la società italiana: l’attacco al concetto stesso di casa di proprietà, che pur non dichiarato è insito nelle politiche sciagurate attuate in Italia negli ultimi anni, politiche che stanno lasciando le nuove generazioni sempre più sradicate, atomizzate, spaesate, in posizione difficile rispetto a qualsiasi contesto comunitario a partire dalla famiglia. Come a dire che si può toccare il cuore di tutti pur restando nell’alveo di una commedia generazionale ben scritta.
Stefano Coccia