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Venom

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VOTO: 6

Come essere “alienati” e vivere felici

Il grande merito delle trasposizioni cinematografiche targate Marvel è sempre stato quello di sapersi rinnovare, di aggiungere ad ogni lungometraggio qualcosa di diverso per appagare i crescenti appetiti dei fans. Ed anche Venom non demanda alla regola, presentando un nuovo supereroe che in realtà non sarebbe tale. Il cosiddetto simbionte – fusione perfetta tra un essere umano ed un’entità aliena – infatti nasce come antagonista di Spider-Man sia sulla carta (cioè nella sua origine fumettistica) che al cinema, con la sua apparizione in Spider-Man 3 (2007) diretto da Sam Raimi. Il massimo sforzo dell’operazione viene dunque profuso nel tentativo di umanizzare la figura del personaggio principale, facendolo passare da villain ad eroe positivo attraverso tutta una serie di espedienti di sceneggiatura che non sempre trovano positivo riscontro sul grande schermo. Anche perché già il nome del regista affidatario del progetto – ovvero il Ruben Fleischer del peraltro gradevole Benvenuti a Zombieland – avrebbe dovuto far scattare da subito qualche riserva sulle finalità ultime del progetto. Il quale, dopo un buon avvio da purissima serie B di stampo fanta-orrorifico, ripiega quasi immediatamente su un ibrido tra commedia ed action francamente ben poco originale, anche se realizzato con tutti i crismi formali del caso.
Anche la scelta di far dialogare il residuo di umanità appartenente al giornalista d’assalto Eddie Brock, caduto in disgrazia per aver pestato i piedi ad una potentissima multinazionale dedita a turpi esperimenti con, appunto, entità aliene, con “l’ospite” che ne parassita il corpo per fornirlo di inauditi poteri, già ampiamente e ingiustamente sbertucciata nell’a suo modo invece rigoroso The Host (2013) di Andrew Niccol, nell’occasione fa virare pericolosamente Venom sui territori malfermi della buddy comedy, del tutto inadatta a creare quel pathos che si vorrebbe raggiungere in corso d’opera.
Venom resta dunque l’epitome del classico film-giocattolo, senza alcuna velleità altra che quella di fornire un modesto intrattenimento riservato ad un pubblico fornito di pop corn e bevande gassate. Niente di male, ma certamente un passo indietro nel processo evolutivo della Marvel cinematografica, sin qui impegnata in un crescendo complessivo tale da far divenire il suo marchio quasi ad origine controllata anche per coloro in cerca di qualcosa in più del semplice divertimento.
Dispiace anche per una coppia di attori del calibro di Tom Hardy e Michelle Williams, in genere impegnati su ben altri registri e che in Venom mostrano tutte le difficoltà del caso ad adeguarsi ai ritmi apparentemente pirotecnici di un’opera che mai offre uno spunto di riflessione sul processo di metamorfosi che investe il protagonista. Non che si pretendesse un nuovo La mosca (1986) di David Cronenberg, ma insomma… Così anche tutti i sottotesti presenti – e non sono pochi, in primis la storia d’amore tra i due – perdono gradatamente di significato, risucchiati nel vortice d’incongruenze di una sceneggiatura attenta solamente a premere sul pedale dell’acceleratore.
Speriamo, come si diceva, che Venom sia solo un momento di stasi in un percorso, quello di maturazione della Marvel verso vette artistiche di altro spessore, ormai irreversibile. In attesa degli annunciati – occhio al consueto post scriptum sui titoli di coda – sequel.

Daniele De Angelis

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