Diversi ma uguali
Duo comico di successo, coppia anche nella vita, Corrado Nuzzo e Maria Di Biase, dopo essersi fatti conoscere dal grande pubblico durante le trasmissioni della Gialappa’s (da “Mai dire Grande Fratello” a “Mai dire Martedì”, per intenderci) hanno anche avuto occasione di apparire sul grande schermo in pellicole come Gli ultimi saranno ultimi (diretto nel 2016 da Massimiliano Bruno) o Tiramisù (sempre del 2016, per la regia di Fabio De Luigi). Si è dovuto aspettare il 2018, però, per vedere la loro opera prima da registi: Vengo anch’io, singolare road movie dove a gag leggere e disimpegnate si alternano anche momenti di riflessione, in cui vengono trattati temi come la malattia e l’importanza della famiglia. La storia qui messa in scena è la storia di quattro personaggi apparentemente agli antipodi, i quali, però, una volta incontratisi, non riusciranno più a fare a mano l’uno dell’altro, al punto da costituire un vero e proprio nucleo famigliare, appunto.
È la storia, questa, di un uomo che – dopo aver perso il lavoro all’interno di un istituto per ragazzi con difficoltà ad inserirsi nella società – deciso a tornare al suo paese con l’intento di suicidarsi, intraprende un lungo viaggio in macchina fino in Puglia con un giovane con la sindrome di Asperger – conosciuto in istituto – il quale vuole soltanto raggiungere suo padre a Ferrara. A loro si unirà presto un’ex carcerata, anch’essa diretta in Puglia, dove vive sua figlia, divenuta una stimata atleta. La donna ha scontato una lunga pena per aver tentato di uccidere il padre di sua figlia, che l’aveva abbandonata quando era incinta e non desidera altro che ritrovarlo. Malgrado ognuno di loro, dunque, sia intento a perseguire il proprio scopo, il loro viaggio rimescolerà le carte in tavola, in modo che le loro strade non possano più separarsi.
Un inno all’importanza degli affetti e alla vita, questo Vengo anch’io. E il fatto che, dunque, per essere considerati una famiglia, basti che ci sia l’amore è il tema portante di questa opera prima del duo comico, dove si possono facilmente leggere sì ottime intenzioni iniziali, ma non si può far a meno di notare anche una (prevedibilmente) scarsa maestranza con il mezzo cinematografico stesso, dove una macchina da presa che troppo a lungo sta a indugiare su espressioni buffe dei protagonisti, oltre ad enfatizzare in modo eccessivo trovate pseudo-comiche senza lasciare mai allo spettatore un margine di interpretazione personale, non fa che appiattire l’intero prodotto, il quale, purtroppo, nonostante il tocco quasi surreale conferitogli inizialmente, per quanto riguarda i principali snodi narrativi risulta spesso pericolosamente telefonato, oltre che già ampiamente visto.
Ed ecco che importanti temi come quelli tirati in ballo vengono trattati in modo del tutto sommario e sviluppati soltanto mediante clichés, dove, invece, sarebbe stata necessaria una maggiore indagine introspettiva. Pur trattandosi di una commedia leggera e priva di grandi pretese. Pur non volendosi presentare a tutti i costi come il film dell’anno.
Capita, dunque, che personaggi comici che in genere rendono bene in ambito televisivo non riescano a sentirsi del tutto a proprio agio una volta sul grande schermo. La cosa si fa ancor più difficile nel momento in cui oltre a recitare bisogna anche mettere in scena il tutto. Bisogna essere indulgenti, dunque, con un prodotto come Vengo anch’io. O, comunque, provare a dare una seconda opportunità alla coppia di comici. E chissà se la prossima volta riusciranno finalmente a stupirci.
Marina Pavido