Home Festival Altri festival Valentina o la serenidad

Valentina o la serenidad

147
0
VOTO: 7

Lo spirito del formicaio

Un ritratto di un Messico rurale, in una comunità indigena della Sierra Mixteca nello stato di Oaxaca, dove convivono modernità e tradizione, è quello fornito dalla regista Ángeles Cruz nel film Valentina o la serenidad, presentato nel concorso lungometraggi – Finestre sul mondo del 33° Festival Cinema Africano Asia America Latina.
Valentina, una bambina di nove anni, rimane improvvisamente orfana di padre. Il film rappresenta la sua esperienza di elaborazione del lutto all’interno di un più generale percorso di esplorazione e di scoperta del mondo e della vita. Già la scena in cui le viene annunciata la morte del padre è significativa. A dirglielo è una donna, una parente, che entra dal cancelletto che separa il giardino, in cui Valentina sta giocando, dall’esterno. La donna rimane praticamente fuori campo, la vediamo solo da dietro quando si china ad abbracciare la bimba. La mdp è collocata in basso a destra, dalla parte della donna: non si tratta comunque di una sua soggettiva. Ma è uno sguardo fisso sul volto della bambina, che la osserva, la scruta. E la sua reazione è quella ovvia di un qualsiasi bambino di quell’età. Di incomprensione e rifiuto, di incapacità di assimilare il concetto della morte.

La lunga veglia funebre è di tipo occidentale, tra canti e musiche di una banda di ottoni. La bara viene portata da alcuni uomini, che accennano a un segno della croce. La sepoltura sarà nel terreno e qui Ángeles Cruz usa il punto di vista della bara, dalla buca, a guardare le persone raccolte. Tanti sguardi del film sono all’opposto dall’alto, a rappresentare Valentina e i bambini a giocare o la sola protagonista in scene da natura morta, sdraiata su un letto di pannocchie, a volte rannicchiata in posizione fetale. Prima della sepoltura la regista aveva inserito un panorama al tramonto, a spezzare quella lunga parte funebre, enunciando al contempo il ruolo cardine della natura, in cui questi personaggi sono immersi. In una scena a scuola la maestra usa un palloncino che gonfia, per spiegare il funzionamento dei polmoni. Anche il pensiero medico scientifico è stato assimilato in quel contesto, ma questa scena assume anche un altro significato, dal momento che il padre ha cessato di vivere proprio perché annegato, l’acqua è entrata nei suoi polmoni. Valentina o la serenidad è il ritratto di una piccola comunità rurale dove quasi tutti hanno lo stesso cognome, come si capisce dall’appello della maestra, Mendoza. Le scene a scuola sono indicative dell’identità culturale di quel mondo dove si può ancora parlare in mixteco, ma dove è forte anche l’orgoglio nazionale, l’emancipazione della rivoluzione. Valentina è orgogliosa che il padre si chiamasse Emiliano, proprio come Zapata.

Come si è detto Valentina non accetta la morte del padre, lo ha visto come cadavere ed era irriconoscibile. La bambina lo cerca, come in un gioco di bambini, come un nascondino, e in un certo senso lo trova, in quella rigogliosa natura che la circonda, tra i fiori e tra le formiche, nella quale percepisce la presenza del padre. Memorabili quelle scene sott’acqua, dove lei sente la voce del genitore, evidenti citazioni da L’Atalante. E il padre si identifica, tra quegli alberi imponenti della foresta, in un albero carbonizzato, che è stato colpito da un fulmine. Proprio con quell’immagine si chiude il film. Un albero come un totem, bruciato ma coperto di muschio, la vita in qualche modo continua, si rigenera come per le formiche. Il padre che era stato ricordato con una ritualità tradizionale, con una zampa di gallina. “La vita se n’è andata”: recitavano i canti nella veglia funebre, ma nella natura la vita continua. La storia di Valentina è sì quella dell’elaborazione di un lutto, ma anche quella della persistenza di un mondo antico, di un senso animista, in quella comunità mixteca.

Giampiero Raganelli

Articolo precedenteSome Rain Must Fall
Articolo successivoBushido

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

17 − sedici =