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Un’estate in Provenza

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VOTO: 6

In campagna dai nonni

Presentata in anteprima il 7 aprile scorso al Lucca Film Festival 2016, arriva ora nelle sale Un’estate in Provenza, commedia francese di fondo garbata, animata a tratti da un soffio di irriverenza, ben calata nei dilemmi della contemporaneità sebbene un po’ fiacca e forse impacciata nella chiusura.
Innanzitutto ha ancora senso, in anni come questi, provare a divertire il pubblico con film che giochino sul contrasto tra uno stile di vita cittadino e uno campagnolo? Evidentemente sì, se si azzeccano i toni giusti. E magari anche gli attori giusti. Con una adorabile Anna Galiena nei panni della nonna comprensiva e il solito Jean Reno, a suo agio nei panni del personaggio burbero ma dal cuore d’oro, questa coppia anziana (e comunque ricca di sorprese: la parentesi relativa al loro passato hippie resta tra le migliori) strappa simpatia sin dall’inizio, in quei difficoltosi tentativi di comunicare col problematico terzetto di nipoti giunto in Provenza per le vacanze estive.
Un adolescente con l’hobby di rimorchiare e fissato con la tecnologia, una ragazzina un po’ complessata le cui manie ambientaliste sfociano in autentiche ossessioni, un bimbetto sordo apparentemente perso nel suo mondo ma che forse sarà il primo ad aprirsi, di fronte allo stile di vita decisamente più arcaico che il nonno propone loro energicamente, fin troppo energicamente: questi tre caratteri emergono genuinamente dal racconto, anche grazie al buon casting effettuato per i personaggi più giovani.

Rose Bosch, autrice in precedenza del fortunato Vento di primavera, ha buon gioco nel vivacizzare tali contrasti caratteriali e generazionali, appoggiandosi agli elementi più caratteristici (persino quelli prettamente folklorici, come una locale tauromachia) che la cultura tradizionale offre, in quei territori della Francia meridionale baciati dal sole e annaffiati da ampie dose di buon vino.
Delude un po’, semmai, la piega eccessivamente morigerata che il racconto prende verso la fine, allorché la scoperta dei primi amori da parte dei due nipoti più grandi (in particolare la ragazza, guarda caso) genera nel nonno Jean Reno sentimenti protettivi spinti all’eccesso, che però troveranno parziale conferma nel coinvolgimento dell’aitante fidanzatino di lei in giri non proprio puliti. Una chiosa dal sapore velatamente castrante e bacchettone, insomma.
Fortunatamente il plot di Un’estate in Provenza sembra recuperare genuinità, nonché un approccio più sensibile alle psicologie dei personaggi, proprio nelle ultime battute del film: l’incontro che durante il rientro dei ragazzi a Parigi coinvolge loro, quella madre prima costretta dai propri problemi di coppia ad affidarli qualche settimana ai nonni e infine  il nonno stesso, dall’atteggiamento finalmente più sciolto, ottiene l’effetto di una commozione sincera anche per come è girato, e cioè senza forzature retoriche o esageratamente zuccherose.

Stefano Coccia

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