Non è Almodóvar
È ormai di casa, alla Berlinale, il giovane regista cileno Sebastián Lelio. Già nel 2013 aveva partecipato, in concorso, con il lungometraggio Gloria, per il quale la brava protagonista, Paulina Garcìa, era stata premiata con l’Orso d’Argento. Lungometraggio, questo, che ha avuto a suo tempo un discreto successo anche in Italia, dopo essere stato scelto anche come film di chiusura del Festival del Nuovo Cinema di Pesaro. A quattro anni dal suo ultimo successo, dunque, ecco tornare Lelio in quel di Berlino con il suo ultimo lavoro: Una mujer fantástica (Una donna fantastica, nella traduzione letterale italiana), sempre in concorso, che vede tra i suoi produttori anche un cineasta del calibro di Pablo Larrain. Ancora una volta, la protagonista è una donna. Ancora una volta la strada per la felicità – o quantomeno per una meritata serenità – sembra più che mai in salita.
Marina – giovane transessuale – ha da qualche anno una relazione con Orlando, molto più vecchio di lei. Le cose sembrano andare per il meglio, finché una notte l’uomo non viene colpito da aneurisma e cade dalle scale, per poi morire poco dopo in ospedale. A questo punto la famiglia di lui – che non ha mai visto di buon occhio la loro storia – si farà avanti, accusando Marina di aver causato, in qualche modo, la morte di Orlando, e riappropriandosi della casa e del cane, appartenuti in passato alla coppia. Alla donna non sarà consentito neanche di prendere parte ai funerali del proprio compagno.
Anche Marina, dunque, come Gloria, si trova in un momento cruciale della propria esistenza, quando la propria identità, il proprio valore in quanto essere umano non sembra riconosciuto dal resto del mondo. Si tratta, in entrambi i casi, di donne forti, con un difficile passato alle spalle, ma che non si danno mai per vinte. Nel caso di Gloria, l’obiettivo principale è quello di ricostruire la propria vita dopo un divorzio, anche se non più giovanissima. Nel caso di Marina, lo scopo è quello di poter conservare, almeno in parte, i ricordi e le cose che ha condiviso con l’uomo che amava, prima della morte di lui. Se per quanto riguarda Gloria, però, ci siamo trovati di fronte ad una sceneggiatura decisamente classica e priva di ogni qualsivoglia virtuosismo registico, ecco che con Una mujer fantástica Lelio – particolarmente lanciato – inserisce all’interno della messa in scena anche parecchi elementi rimandanti l’onirico, che contribuiscono a rendere il tutto anche a tratti decisamente surreale. Non ci ricorda qualcosa, o meglio, qualcuno? Ci arriveremo man mano, non preoccupatevi.
La macchina da presa ha come obiettivo (quasi) esclusivo quello di rappresentare la protagonista e la sua interiorità. Tutto il resto – la famiglia del compagno, le indagini della polizia, il suo lavoro – si limita a fare da cornice assumendo contorni volutamente sfocati, a tratti irreali, quasi grotteschi, con non pochi elementi lasciati consapevolmente in sospeso. Non male come idea iniziale, non v’è alcun dubbio. Eppure, una volta realizzata, non convince del tutto, in quanto tutto ciò che circonda la protagonista stessa risulta eccessivamente piatto. Talmente piatto da far calare di qualità tutto il film, il quale, a sua volta, fatica non poco a tenersi in piedi contando esclusivamente su di un solo personaggio, anche se molto ben costruito (e ben interpretato da una Daniela Vega intensa come non mai).
Ad ogni modo, volendo riprendere il discorso lasciato precedentemente in sospeso ed osservando più in generale la produzione di Lelio – tenendo anche in conto la piega tendente al surreale che i suoi lavori sembrano aver preso – non si può non pensare, ovviamente, ad un cineasta come Pedro Almodóvar, con le sue meravigliose protagoniste. E probabilmente è proprio a lui che il giovane regista cileno tende – inconsapevolmente o meno – a rifarsi. Peccato, però, che, in questo caso, forse i successi passati non hanno aiutato le produzioni venute dopo, in quanto non è raro che il rischio di mettere nel proprio lavoro anche una buona dose di megalomania sia sempre molto alto. E, per quanto riguarda Una mujer fantástica, di fatto, è stato quasi fatale.
Marina Pavido