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Una festa esagerata

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VOTO: 6.5

Festa col morto

«Il cabaret fotografa la superficie, mentre il teatro cerca la profondità e porta in superficie. In una commedia guai se fai solo battute», affermava Vincenzo Salemme, al Teatro Manzoni di Milano, durante la conferenza stampa dello spettacolo “Una festa esagerata”, da cui ha tratto l’omonimo film, in sala dal 22 marzo e che noi abbiamo visto alla 13esima edizione di Cortinametraggio.
Va da sé che il linguaggio cinematografico e quello scenico siano ben diversi, ma anche nel lavoro per il grande schermo è rimasto questo punto fondamentale: come Salemme sia riuscito ad andare in profondità rispetto a questi “tipi” umani mettendo in piedi una commedia di situazione.
«Siamo a Napoli, dove a casa Parascandolo (e il cognome, ovviamente, è parlante, nda) fervono i preparativi per la magnifica festa dei diciotto anni di Mirea (Mirea Stellato).
L’agitazione generale coinvolge l’ingenuo capo di famiglia Gennaro (Salemme), geometra e piccolo imprenditore edile, e la famelica moglie Teresa (Tosca D’Aquino), animata dalla feroce ambizione di ascesa sociale. Vedendo nella festa la grande occasione per emergere, Teresa ha deciso di fare le cose in grande e non ha badato a spese, dal catering agli arredi. Ha persino scritturato un cameriere indiano relegando in cucina la vecchia domestica non ritenuta abbastanza esotica per una festa così importante. Gennaro, pur di accontentare le donne della sua vita e supportato da Lello (Massimiliano Gallo), l’invadente aiutante del portiere, asseconda ogni loro capriccio e spende una fortuna per la festa, nonostante lui stesso la ritenga “esagerata”.
Finalmente arriva il grande giorno. Tutto sembra perfetto, gli invitati iniziano ad arrivare. Ma un’inaspettata notizia giunge dal piano di sotto e sconvolge i programmi della famiglia: l’anziano signor Scamardella (Nando Paone), che vive insieme alla figlia zitella (Iaia Forte), ha deciso di morire proprio il giorno della festa. Un lutto improvviso si trasforma così in un grande fastidio per casa Parascandolo e l’intera festa è messa a rischio. Cosa fare?» (dalla sinossi ufficiale). Come si evolverà e colpi di scena e ribaltamenti ve li facciamo scoprire nel corso della visione.
Si ride e di gusto, merito anche di una mimica che deriva dalla cultura partenopea – spiccano le interpretazioni dello stesso Salemme, della Forte e di Gallo (quest’ultimo, nei film più recenti, ci aveva abituato a ruoli più drammatici e qui rispolvera le sue vene comiche).
Una festa esagerata, strappando sorrisi con un buon ritmo e una regia che ci rende l’idea dell'”esagerazione” della festa e asseconda le interpretazioni del cast di qualità, riesce a smaschera le nostre ipocrisie facendole guardare in faccia con la giusta dose di leggerezza, che serve a farci digerire come siamo. A ciò aggiungiamo un velo di malinconia, restituitaci molto bene dal personaggio di don Gennaro (anche se non ama il don davanti al nome), che rievoca (senza la pretesa di imitarlo) alcune suggestioni eduardiane (Salemme ha avuto modo di lavorare con lui), il quale, fa notare come una volta i condomini fossero famiglie, «adesso sono alveari senz’anima». Il lungometraggio, così come faceva la pièce, pone diversi interrogativi anche in merito al difficile rapporto con la morte e il dolore e lo fa lasciando un sapore amaro, dopo le risate.

Maria Lucia Tangorra

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