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Un vizio di famiglia

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VOTO: 7

Qualcuno mente

In una lussuosa villa sul mare, una giovane schiva e modesta operaia di nome Stéphane si ritrova in compagnia di una bizzarra famiglia: un padre sconosciuto e ricco, la sua stravagante consorte, la figlia ambiziosa, un’adolescente ribelle e la loro inquietante cameriera. Qualcuno mente. Tra sospetti e bugie, il mistero cresce e il male dilaga, lo stesso che troviamo nel titolo originale dell’ultima fatica dietro la macchina da presa di Sébastien Marnier, L’origine du mal, che dopo le anteprime alla 79esima edizione della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica e al Toronto Film Festival 2022, rispettivamente nelle sezioni “Orizzonti Extra” e “Contemporary World Cinema”, è uscita nelle sale nostrane il 5 gennaio 2023 con I Wonder Pictures che per l’occasione l’ha ribattezzata Un vizio di famiglia.
Decisamente un titolo più calzante e in linea con la storia narrata quello scelto dalla distribuzione italiana per un film che fa del nucleo familiare disfunzionale di turno, dello sfarzoso focolaio domestico nel quale abita e delle malsane abitudini dei suoi componenti, il proprio baricentro narrativo e drammaturgico, oltre che il “teatro” dove va in scena uno spietato gioco al massacro tra persone che non fanno altro che mentire a sé stesse e a chi le circonda. Ed è probabilmente questo il vizio del quale si parla nel titolo pensato e voluto dal team guidato da Andrea Romeo per l’opera terza del regista francese, il cui filo rosso che fin da subito accomuna i personaggi coinvolti sembra essere solo e soltanto uno: la menzogna. È questa che stabilisce e detta le regole d’ingaggio di un gioco al massacro che annienta gli affetti, i legami e i sentimenti, divorati da un vortice di bugie, sospetti, non detti, inganni, ambiguità e truffe, che finirà per inghiottire anche la protagonista. Quest’ultima diventa parte integrante di questo tessuto di umanità corrotte, ciniche e anaffettive, che ne rivelerà la reale natura e il lato oscuro nel momento in cui vi entrerà in contatto.
Sulla scia dello Chabrol di La cérémonie, tratto dal romanzo omonimo di Ruth Rendell, Marnier ci scaraventa in una famiglia di “mostri” che vive in un covo di vipere, dove anche le pareti hanno occhi e orecchie per spiare. È tra le quattro mura di un’imponente topografia a picco sul mare che fa da cornice a Un vizio di famiglia, che si consuma una lotta di classe che è al contempo per la sopravvivenza, ma soprattutto per la conquista del vile lucro e dell’ambito potere da parte delle forze in campo a difesa del patriarcato e del matriarcato. Da una parte il capofamiglia e dall’altra delle figure femminile che cercano di preservare la propria posizione, rivendicandola e delimitando il terreno quando vengono minacciati o messi in discussione da un “corpo estraneo”, quello rappresentato da Stéphane. Il risultato è uno scontro senza esclusione di colpi bassi sferrati da entrambe le fazioni, con il personaggio principale che sposta continuamente l’ago della bilancia, sovvertendo continuamente le posizioni dominanti. Il tutto visivamente reso attraverso l’uso frequente dello split-screen, che serve al regista per muovere le pedine e mostrare allo spettatore il continuo scambio di mosse e contromosse.
Il cineasta francese ne fa un proprio attacco alla nuova e vecchia borghesia, usando la famiglia Dumontet come cartina tornasole e gabbia dei leoni. Per farlo, l’autore punta su un thriller da camera in chiave estremamente grottesca, utilizzando le tinte del noir e della dark comedy per tratteggiare dinamiche e dialoghi. Un mix meno affilato rispetto agli affreschi di Chabrol, Renoir o Buñuel, ma a suo modo ben calibrato ed efficace drammaturgicamente. Marnier, non nuovo all’ibridazione dei generi se si pensa ai precedenti Irréprochable e L’ultima ora, lo porta sullo schermo con la complicità di un cast d’eccezione nel quale campeggiano una Laure Calamy in perenne stato di grazia dopo l’intensa interpretazione in Full Time – Al cento per cento e spalle di grande valore come Jacques Weber, Dominique Blanc e Dora Tillier.

Francesco Del Grosso

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