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U Muschittìeri

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VOTO: 7.5

Ci vuole coraggio

Il piccolo Giovanni è impaurito dalla statuina del presepe che suo padre gli fa vedere il giorno prima dell’Immacolata. Una serie di eventi delittuosi nella città di Palermo fanno sì che la mente del bambino identifichi quella statuina nel mafioso don Tano Filippone, il mandante degli omicidi. Giovanni è sicuro: anche suo padre è in pericolo! Armato di spada di legno e pettorina da moschettiere, decide di combattere le sue paure per proteggere il padre.
Dalla sinossi si intuisce chi è e cosa diverrà da grande il protagonista di U Muschittìeri, il cortometraggio di Vito Palumbo al quale è andato il premio per la migliore regia della sezione “Corto Italia” alla 17esima edizione del Sa.Fi.Ter. Per chi non lo avesse capito è alla storia vera dell’allora giovanissimo Giovanni Falcone che lo short del regista campano si ispira per portare sullo schermo un breve, ma intenso, coming of age. Un capitolo, questo, sicuramente meno noto tra quelli che vanno a comporre l’esistenza del compianto magistrato palermitano, ovviamente romanzato e riletto attraverso gli occhi del bambino che è stato. Il risultato è un’opera che riavvolge le lancette dell’orologio per raccontare la nascita del seme dell’uomo che sarà e che noi tutti abbiamo conosciuto.
Palumbo e gli autori dello script scelgono di lavorare su piani narrativi diversi, quelli del realismo e dell’immaginifico, facendo convergere il tutto in una dimensione semi-onirica ad occhi aperti. Fantasia, incubo e verità finiscono così per mescolarsi senza soluzione di continuità in una pellicola che affronta i temi universali della crescita, del confronto generazionale e dei legami familiari, calati in un ritratto storiografico che riflette e fa riflettere su dove e perché si istilla nell’essere umano il gene del coraggio, del sacrificio e della sete di giustizia. Al resto ci pensa la mano sicura di un regista che ha trovato nella fotografia di Daniele Ciprì il compendio pregiato e ideale per dare forma e sostanza alla confezione. Una confezione curata nell’estetica, ma non invasiva poiché assolutamente al servizio del lavoro di messa in quadro, a sua volta funzionale alla scrittura, alla drammaturgia e alle one lines dei personaggi, a cominciare dal piccolo e talentuoso Gabriele Provenzano che veste i panni di Giovanni.

Francesco Del Grosso

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