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Tower

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VOTO: 8

Sotto tiro

49 colpi andati a segno, dei quali 16 letali che costarono la vita ad altrettante persone: è questo il tragico bollettino di guerra registrato l’1 agosto del 1966, in quella che viene ricordata da moltissimi come la data nella quale si consumò il primo massacro scolastico nella storia degli USA. Un massacro che ha aperto ufficialmente una stagione di mass school shooting non ancora conclusa, che Keith Maitland rievoca in una drammatica carrellata (su tutte le immagini che ci riportano a quanto accaduto alla Columbine High School il 20 aprile del 1999) che precede l’epilogo di Tower, il suo ultimo documentario presentato in anteprima italiana nella sezione Colpe di Stato della 21esima edizione del Milano Film Festival.
La torre del titolo è quella che sovrasta il Campus dell’Università del Texas ad Austin, dove un cecchino appostato in cima all’edificio fece fuoco sui passanti, tenendo centinaia di persone in ostaggio per 96’ interminabili minuti (la stessa durata del documentario). Nel cinquantesimo anniversario, il regista statunitense realizza una ricostruzione fedele dei fatti attraverso un racconto corale costruito sulla base delle testimonianze di alcuni sopravvissuti. Il risultato è un’opera di grandissimo impatto emotivo, che costringe lo spettatore di turno a fare i conti con un ottovolante dove la tensione sale e scende all’impazzata. Sono proprio questo modo di procedere per accelerazioni e decelerazioni nel ritmo del racconto, unito alla tensione che scaturisce dalla visione delle fasi più concitate dell’assalto (su tutte il ferimento della studentessa incinta che rimane a lungo distesa in una pozza di sangue nel cortile del campus sotto il sole battente, prima che venisse tratta in salvo), i punti di forza del docu-film, come era stato anche per il potentissimo One Day in September di Kevin Macdonald (sui fatti del 5 settembre 1972, quando, durante i Giochi della XX Olimpiade svolti a Monaco di Baviera, un commando dell’organizzazione palestinese Settembre Nero sequestrò ed uccise 11 atleti israeliani) o per l’esaltante Man on Wire di James Marsh (sull’impresa del funambolo Philippe Petit, che nel 1974 camminò in equilibrio su un cavo metallico teso tra le Torri Gemelle del World Trade Center). Peccato solo per gli ultimi quindici sciagurati minuti in cui, drammaturgicamente parlando, Maitland abbandona il modus operandi vincente a favore di un altro, meno storico-cronachistico e più intimista-rievocativo, che abbassa in maniera evidente, depotenzializzandolo, il tasso di tensione e partecipazione agli eventi narrati. Ciò non consente a Tower di mantenere costante lo standard e il grado di incidenza emotiva sino ai titoli di coda, a causa di una scelta ben precisa che non abbiamo gradito e che ovviamente non vi riveleremo per non privarvi del gusto della scoperta.
La sorpresa maggiore viene però dalla confezione e dalle tecniche utilizzate dal regista americano per dare forma e sostanza alla rievocazione dei fatti narrati nel suo docu-film. In Tower salta subito all’occhio la scelta di avvalersi dell’animazione in live action, per la precisazione quella ottenuta mediante un processo conosciuto come Interpolated rotoscoping, usato per esempio in più di un’occasione da Richard Linklater in film come Waking Life e A Scanner Darkly. Maitland non ottiene gli stessi esiti del collega dal punto di vista estetico, ma la resa è comunque di buon livello e l’utilizzo che se ne fa è davvero efficace. L’autore cartoonizza tutto, compresi i sette personaggi principali del racconto durante le interviste fontali realizzate per raccogliere le loro testimonianze. Il tutto combinato magistralmente con il corposo materiale d’archivio audio, video e fotografico a disposizione, in un mix dove repertorio e animazione si incastrano l’uno nell’altro. Da recuperare assolutamente.

Francesco Del Grosso

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