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Till the End of the Night

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VOTO: 7.5

Quando la città dorme

Amore e odio. Verità e bugie. Ciò che vogliamo far credere e come stanno le cose realmente. Lo spettatore è continuamente portato a farsi determinate idee, per poi vedere le sue iniziali certezze venire completamente stravolte. Questo è ciò che accade durante la visione di Till the End of the Night, ultima fatica del regista tedesco Christoph Hochhäusler, presentata in corsa per l’Orso d’Oro alla 73° edizione del Festival di Berlino.

In Till the End of the Night, dunque, vediamo una Berlino “underground” come location ideale per una storia in cui nessuno è realmente innocente e ognuno ha importanti colpe da scontare. Robert (impersonato da Timocin Ziegler) è un agente sotto copertura, incaricato di incastrare Victor (Michael Sideris), trafficante di droghe che possiede un losco night club. A tal fine, l’uomo finge una relazione con Leni (una straordinaria Thea Ehre), una ragazza transessuale uscita di galera al fine di collaborare all’impresa di Robert. Il loro rapporto è alquanto problematico e controverso e, man mano, diventa sempre più complesso. A cosa li porterà tutto ciò?
Nulla è dato per scontato, nulla è realmente prevedibile in Till the End of the Night. Christoph Hochhâusler si diverte a giocare con le nostre sensazioni e le nostre suggestioni fin dai primi minuti e ci accompagna per mano in un labirinto all’interno del quale non sappiamo più chi mente e chi, invece, è ancora in buona fede e confida in chi gli sta intorno. I protagonisti sono caratterizzati a 360° e ricchi di mille, sottili sfaccettature. E di fianco al ritratto di una Berlino “sconosciuta ai più”, vengono, al contempo, tracciate anche importanti dinamiche riguardanti le relazioni tossiche in primis, ma anche il bisogno di essere amati e di affermare la propria identità (anche a costo di cambiarla) all’interno di una società sempre più egoista, sempre più cieca.
Angusti interni di appartamenti, sale da ballo in cui luci cupe e dai colori prevalentemente caldi hanno la meglio su tutto il resto, insieme alla maggior parte delle scene girate in notturna per le strade della città, rendono questo ultimo lungometraggio di Hochhäusler un’opera estremamente raffinata, frutto di un’attenta ricerca estetica e con una macchina da presa che si muove agile all’interno di ambienti ristretti, indugiando – spesso e volentieri – sui volti dei protagonisti (e, in particolare, sul volto intenso e straordinariamente espressivo di Thea Ehre), rendendoci immediatamente vicino a chi è più fragile e vulnerabile.
E così, questo Till the End of the Night si è rivelato un’ulteriore, piacevole sorpresa di questa 73° edizione della Berlinale. Christoph Hochhäusler sa bene su cosa puntare. E con un riuscito mix di tensione e dramma esistenziale, questo suo ultimo lungometraggio è a tutti gli effetti “il film che non ci si aspetta”.

Marina Pavido

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