Too soft
Gira tutto attorno alla virilità un film come The Wound.
Una virilità desiderata, perduta, da conquistare.
Essere uomini, nell’opera prima del sudafricano John Trengove – vincitrice del 32° Lovers Film Festival nel Concorso Lungometraggi – vuol dire passare per il brutale rito tribale dell’ukwaluka (circoncisione rituale per giovani iniziati), e per la conseguente accettazione da parte del gruppo di appartenenza.
Una sfida non facile per Kwanda, ragazzo di città considerato “troppo delicato” e problematico dagli anziani, e nemmeno per il suo accompagnatore designato, Xolani, mite e oscura guida in balia di una passione clandestina e tossica per il rude Vija.
Il gruppo come specchio di un mondo chiuso ed eteronormativo, che fagocita chiunque sia diverso, portando a conseguenze spesso e volentieri disastrose, non è certo un tema estraneo alle narrazioni contemporanee, ma è ancora più impattante quando calato in logiche e contesti fortemente tradizionali.
Come un Moonlight crudo e ancestrale, questa discesa negli inferi della normalizzazione sa rapire l’attenzione e tenere alta la tensione fino alla fine, fino all’inaspettato climax finale, suggerendo uno scenario desolante che non ammette vie d’uscita.
Tra dettagli, particolari e primi piani su volti resi senza tempo dal peso della tradizione, la macchina da presa – a mano e costantemente in movimento – pedina i suoi protagonisti, indugiando sui sentimenti repressi e sull’angoscia provocata dalla consapevolezza di essere impigliati in strutture immutabili e secolari.
Attraverso il suo anomalo menage a trois, il film ha il coraggio di stuzzicare una ferita aperta sulla maschera dell’apparenza, uno squarcio su quella violenza normalizzante che sempre regola le dinamiche del potere.
Diventare uomini maturi significa allora accettare le regole del gioco, reprimere violentemente i propri desideri, in favore di un potere inamovibile e incontrovertibile perché, attraverso la tradizione, può sempre decidere cosa è giusto e cosa sbagliato.
Nei silenzi e negli sguardi di Xolani c’è allora tutto il peso di una libertà impossibile da realizzarsi proprio perché ostacolata da una credenza che si vuole data per natura, quella stessa natura che costringe, infine, a fare il gioco dei carnefici, ad annullarsi nel branco per far ri-trionfare la violenza che ne regola i rapporti, in nome di una virilità che è norma, legge e tradizione.
Mattia Caruso