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The Watchers

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VOTO: 6.5

Nel bosco fatato

Pochi resisteranno alla tentazione di analizzare questo The Watchers sotto l’ottica di un ossessivo confronto tra il cinema della figliola e quello dell’illustre padre. Questo perché – e ormai ne sono a conoscenza anche i sassi – trattasi dell’esordio alla regia di Ishana Shyamalan, seconda rampolla dell’illustre autore di origine indiana. In questa recensione cercheremo di evitare tutto ciò, se non in modo molto parziale; soprattutto perché quest’opera prima tenta, meritoriamente, di camminare sulle proprie gambe, evitando di scimmiottare stilemi paterni ormai entrati da tempo nell’immaginario cinematografico.
Per il suo ingresso ufficiale nel dorato mondo hollywoodiano – non per fare i maliziosi ma pare lecito supporre che qualche porticina aperta la giovane Ishana (24 anni) l’abbia trovata – ha scelto una fiaba dark dalle buone suggestioni visive ma dalla scrittura un po’ claudicante sia nell’evoluzione narrativa che nei dialoghi. Mentre invece è decisamente apprezzabile la costante ricerca di un significato morale da dare ad una storia incentrata sulla diversità e sulla rabbia ed il rancore che comportano sentirsi ed essere definiti tali. Lontani quindi da una favola da raccontare ai bambini allo scopo di farli addormentare ma, al contrario, esplorazione del lato oscura della suddetta, che nell’occasione diventa predominante nella narrazione.
La giovane Mina (Dakota Fanning, giustamente attonita per quasi tutta la durata del film), reduce da un grave lutto patito quindici anni prima, deve consegnare un rarissimo pappagallo in Irlanda da parte dell’università statunitense per cui lavora. Purtroppo, anche a causa di un guasto all’auto, si smarrisce negli sterminati boschi irlandesi, dove verrà prontamente a conoscenza di un’inquietante realtà, istruita da altre, consapevoli, vittime. Chiusi in una sorta di capanno, qualcuno li osserva senza sosta attraverso un grande specchio, mentre di notte i pericoli crescono a dismisura ed è molto meglio non aprire la porta e tentare la fuga.
Da buona millenial Ishana Shyamalan non guarda tanto al cinema del passato quanto invece punta lo sguardo su serie televisive ad oggi capace di rivoluzionare il genere (horror o fantasy, comunque lo si voglia definire) dall’interno. Ecco dunque che la situazione narrativa atta a stimolare brividi di paura o semplice angoscia pare presa di peso dalla sottostimata serie televisiva From, in cui le notti sono sia eterne che estremamente foriere di minacce mortali. Mentre qualcosa o qualcuno sembra orchestrare la “prigionia” degli abitanti del villaggio.
In The Watchers accade qualcosa di molto simile, a livello di premesse del plot. Ovviamente concentrata nella durata canonica di un lungometraggio e non dilatata nei tempi televisiva. Tuttavia anche Ishana dimostra di voler prendersi i suoi tempi, provando – non sempre con successo – ad approfondire il background dei quattro personaggi “bloccati” in un contesto decisamente anomalo. Per arrivare al twist finale marchio di famiglia, rivelazione che donerà un senso politico ed umanista all’intero lungometraggio.
Quello di The Watchers, al tirar delle somme, risulta comunque un esordio incoraggiante. Regia sicura e buon uso delle locations, in questo caso autentico personaggio aggiunto dell’opera. Capacità indiscutibile di creare nuovi immaginari pur su basi preesistenti. Anche gli eccessivi momenti di pausa nascono dall’esigenza di realizzare un cosiddetto horror elevated, cioè un’opera di genere dagli obiettivi più ambiziosi della media. Magari, per un esordio, sarebbe stato maggiormente opportuno sporcarsi un pochino più le mani. Lecito ipotizzare che, nella circostanza, il cognome abbia avuto la propria influenza…

Daniele De Angelis

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