Fantasie estreme di un tatuatore
Altro cortometraggio destinato a lasciare il segno per il regista malese – ma cinese d’adozione – Michael Wong. Il quale con The Tattooist si cimenta nella forma brevissima (il corto dura un minuto e venti secondi), confrontandosi con un genere apparentemente agli antipodi rispetto al purissimo romanticismo esibito nel precedente The Story of 90 Coin, già recensito sulle nostre pagine virtuali. Eppure, anche se incasellabile a prima vista nel sottogenere orrorifico denominato torture porn alla Eli Roth, tanto per capirci, anche The Tattooist affronta di petto la tematica del desiderio. Un impulso carnale che non si esplicita in un lungo corteggiamento galante favorito o sfavorito dal Destino, ma trova la sua (in)compiuta realizzazione nella fantasia più sfrenata.
Se il tatuatore, figura già di per sé un po’ inquietante per la sua capacità intrinseca di modificare l’aspetto di un essere umano, usa i suoi strumenti sulla pelle nuda dei propri clienti, allora il passo successivo non può essere altro che quello di penetrare tali corpi. Smembrandoli, facendoli a pezzi. Allo scopo di comprendere meglio cosa contengono e appagare una forma di desiderio, appunto, che va ben oltre la “normale” sessualità. The Tattooist è una fantasia malata ma tutt’altro che incomprensibile, che mette sullo stesso piano di vittime sia donne che uomini giovani ed attraenti, conducendo lo spettatore in una sorta di abisso senza ritorno: manifestando visivamente ciò che la mente umana potrebbe vagheggiare senza avere quei cosiddetti freni inibitori a frenarne l’istinto animalesco e predatorio. Prima che ogni cosa torni, come mostrato nell’epilogo del corto, ad una pseudo-normalità dal sapore acre e beffardo. Insinuando nel fruitore molti più dubbi che certezze.
Michael Wong, in un così breve lasso di tempo, ci conduce dunque nei territori di un viaggio mentale furente dove tutto è concesso. Non mera esibizione di violenza priva di valenze psicologiche o socio-politiche, ma una visione nitidamente filosofica dell’essere umano. I richiami concettuali al cinema di David Cronenberg, David Lynch o Shin’ya Tsukamoto, tanto per citare qualche nome tra i più celebri, sono evidenti. Perché, anche nel caso di The Tattooist si tratta di rielaborare un (sotto)genere per renderlo ben differente dalla classica routine di un prodotto marcatamente appartenente ad una categoria cinematografica a torto considerata inferiore.
Punteggiato da un’incessante, riuscitissima, colonna sonora hard rock composta dai Found in the Attic, The Tattooist è uno short che non lascia scampo allo spettatore: non siamo noi ad osservare le efferate gesta del tatuatore protagonista, bensì il contrario. Lui, inteso come soggetto/oggetto cinematografico nella sua completezza, guarda dentro di noi, verso quella parte di insana umanità pronta ad emergere allorquando la ragione cede il posto alla parte oscura che tutti, senza eccezioni, ci portiamo saldamente dentro. Nascondendola agli altri. E che in qualcuno, non in grado di trattenerla, deflagra anche nella realtà, producendo orrori ben più temibili di quelli che possono riguardare l’ambito cinematografico. Poiché in fondo ogni film altro non è che una forma, sia essa ovviamente riuscita o meno, di “ricognizione” interiore.
Daniele De Angelis
P.S. Il cortometraggio è interamente visibile in calce all’articolo. Astenersi anime candide..
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