Una calda estate uruguaiana
Rosina ha quindici anni e un’indole ribelle. Dopo aver ferito gravemente la sorella è costretta ad aiutare il padre nel lavoro quotidiano di giardiniere. L’avvistamento di una carcassa di leone marino scatena, nel piccolo villaggio turistico dove vivono, una psicosi collettiva che arriva a coinvolgere i media nazionali. Mentre il mondo degli adulti sembra vivere in un’immobilità sospesa, la calda estate uruguaiana diventerà, per Rosina, lo sfondo dei primi desideri e delle prime delusioni.
Una sinossi come quella di The Sharks non lascerebbe presagire altro che l’ennesimo capitolo di un romanzo di formazione che da decenni sceneggiatori e registi alla varie latitudini stanno scrivendo sul grande schermo. E in gran parte lo è sicuramente se non fosse che nella sua scrittura si trova una leggerezza rara, che ha permesso al film di fare breccia nel cuore di molti addetti ai lavori e spettatori comuni che lo hanno intercettato in una delle moltissime tappe che lo hanno visto fortunato protagonista nel circuito festivaliero internazionale, a cominciare da San Sebastián e Sundance.
In generale, l’opera prima di Lucía Garibaldi, presentata in concorso alla 24esima edizione del Milano Film Festival, ha nel suo menù narrativo e drammaturgico tutti gli ingredienti classici del coming of age. In tal senso i temi quanto gli stilemi che appartengono normalmente al suddetto filone qui rispondono puntualmente all’appello, dando al film un biglietto da visita piuttosto comune: dal confronto generazionale a quello famigliare, dalle difficoltà di crescere alla scoperta della propria identità sessuale. Ed è proprio qui, nel vortice del disordine creativo degli amori nascenti, tra cotte premature, primi baci, deludenti esperienze amorose e piccole vendette consumate, che The Sharks trova la sua ragione d’essere e il proprio punto di forza.
La cineasta uruguagia, con la complicità della bravissima esordiente Romina Bentancur, percorre di fatto strade già ampiamente battute, ma rintraccia nel percorso sentimentale e affettivo della giovane protagonista un baricentro su e intorno al quale spalancare una finestra aperta sulla sessualità femminile, rifiutando ogni visione paradigmatica e stereotipata. Il che produce effetti benefici per un’opera che altrimenti sarebbe stata archiviata con estrema velocità. La profonda umanità, la divertita ironia e la sensibilità con le quali, invece, la Garibaldi mette mani alla materia prima consente al film di ritagliarsi uno spazietto nella mente dello spettatore di turno, restando così a galla per un po’ di tempo anche al termine della visione.
Francesco Del Grosso