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The Rossellinis

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VOTO: 6

Roberto Rossellini vince ancora

Roberto Rossellini (1906-1977) è notoriamente uno dei più importanti autori della storia del cinema. Sebbene la sua corposa filmografia sia stata incostante, particolarmente dopo gli anni Cinquanta, è sufficiente citare Roma città aperta (1945) oppure Paisà (1946) per comprendere il suo peso nella cinematografia mondiale. Poco apprezzato dalla critica nostrana, e per nulla seguito dal pubblico (ad esempio le pellicole che realizzò con la diva Ingrid Bergman furono fiaschi clamorosi), Rossellini venne venerato rapidamente in Francia, in particolar modo dai giovani turchi dei Cahiers du Cinéma, tant’è che alcuni di loro, passati alla regia, seguirono i suoi insegnamenti, come ad esempio Jean-Luc Godard. Anche quando privilegiò la televisione, che riteneva il nuovo medium per trasmettere le informazioni scientifiche e creare un’enciclopedia culturale visiva, è riscontrabile in quelle opere imperfette qualche tocco di genio. Un autore con la A maiuscola, quindi, ma anche un viveur vanesio che non disdegnava i flash fotografici, noto per essere un tombeur de femme, anche se il suo aspetto non rientrava nei canoni della bellezza. Quando iniziò la relazione con la Bergman, come se fosse stata scritta da uno sceneggiatore hollywoodiano, suscitò enorme scandalo (ambedue erano sposati quando cominciarono ad amoreggiare), e anche l’improvvisa fuga verso l’India e l’amore con la scrittrice Sonali Das Gupta, ebbe una certa risonanza.

Tra le molte storie d’amore manca il flirt fulmineo e burrascoso con Anna Magnani, perché The Rossellinis non vuole essere una completa indagine sulla vita artistica e privata di Rosellini, ma semplicemente il regista Alessandro Rossellini, nipote del Maestro, vuole fare un’investigazione personale su suo nonno, andando a intervistare i figli di Rossellini sparsi per il mondo e cercare di capire che considerazione hanno di lui.
Il documentario si apre con le immagini d’archivio del funerale del Maestro, su cui il nipote descrive con commento in voice over tutti i familiari che seguono il feretro. Una famiglia molto ampia e variegata, i cui componenti (manca solo la Bergman), con volto funereo, seguono per l’ultima volta il padre padrone. Da queste belle immagini d’antan, che mostrano una folla oceanica per l’ultimo commiato a uno dei più grandi autori cinematografici, comincia il pellegrinaggio del regista. L’intento non è quello di distruggere il mito, mettendo in risalto tutte le sue marachelle amorose o le sue mancanze di padre, ma darne un ritratto umano e simpatico. Secondo il nipote Alessandro la figura del nonno è stata troppo ingombrante, perché nessuno della sua famiglia sarebbe riuscito a raggiungere il suo successo; nessuno avrebbe conquistato la storia come fece lui. Alessandro Rossellini, al suo esordio nel lungometraggio, definisce questa ansia di prestazione come “rossellinite”. Per scoprire se effettivamente ciò sia vero, comincia il suo pellegrinaggio, riprendendo i contatti con i suoi zii sparsi per il mondo. Isabella è l’erede più nota, che ha avuto successo come attrice e come modella, e anche lei, molti anni fa, realizzò un libro e un cortometraggio per commemorare la figura paterna, non lesinando qualche screzio, però in sostanza era come un atto di perdono verso il padre. La gemella Ingrid e Raffaella, la figlia nata dalla relazione con Sonali, si addentrano meno nelle loro relazioni con il padre, e con Raffaella la rievocazione si sposta su Gil Rossellini (1956-2008), il figliastro morto tragicamente per una malattia. L’unico figlio che tranquillamente confessa i suoi dissapori con il padre è Robin. Restio nel parlare del padre è anche il figlio Renzo, che iniziò la sua carriera nel cinema al lato del padre, ma l’enorme figura paterna schiacciò i tentativi di essere indipendente.

Alessandro Rossellini ritiene che La presa al potere di Luigi XIV (La prise de pouvoir par Louis XIV, 1966) rappresenti bene suo nonno, perché come il Re Sole anche Rossellini voleva essere circondato da una famiglia/corte, sempre pronta ad accontentarlo quando chiamava. Mentre Isabella aveva descritto suo padre come un’enorme scrofa a cui i pargoli si attaccavano, e lui provava piacere di questo contatto. Questa colossale figura, quasi da “padrino”, e la sua larga famiglia – che ha generato altre famiglie –, è ironizzata già nel titolo The Rossellinis, che sottolinea come se la dinastia Rossellini fosse una famiglia mafiosa. Il documentario, oltre alle interviste, è anche pieno di spezzoni d’archivio: non solo contiene alcune scene delle sue pellicole più note, ma anche filmini e foto private, sebbene alcuni pezzi sulla residenza a Santa Marinella erano già stati visti in Io sono Ingrid (Jag är Ingrid, 2015) di Stig Björkman, e nel cortometraggio Viva Ingrid! (2015) di Alessandro Rossellini. Le parti migliori di The Rossellinis rimangono gli spezzoni d’archivio, mentre le interviste non sempre sono interessanti (tranne quella di Robin), andando a toccare risentimenti o conflitti risibili personali. Fortunatamente c’è molto ironia nel modo di narrare, ma verso la fine c’è un incensamento al marchio Rossellini, come testimonia il set fotografico fashion promosso da Dolce & Gabbana. E vedere le splendide case in cui vivono, non aiuta certamente a provare empatia per un supposto lascito disastroso da parte di Rossellini. A ciò bisognerebbe aggiungere il ricongiungimento di Alessandro con la madre Katherine, ormai affetta da demenza, che ha un approccio quasi da C’è posta per te. Roberto Rossellini, comunque, con tutti i difetti e gli errori cinematografici, ne esce rafforzato.

Roberto Baldassarre

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