Here comes the sun
The Reach senza tanti fronzoli ci fa intendere fin dalle battute iniziali l’aria che respireremo: una caccia all’uomo serrata e implacabile, sotto il sole cocente del deserto del Mojave che ti brucia la pelle, ti toglie il respiro e ti uccide in pochi minuti.
Basato sul romanzo di Robb White del 1972 intitolato Deathwatch, il secondo film di Jean-Baptiste Léonetti mette in scena un thriller virato in salsa western moderno, interamente retto sulle spalle dei due protagonisti. Ricordate la sequenza del Il buono, il brutto e il cattivo nella quale Tuco fa camminare Clint Eastwood per ore e ore nel deserto fino a bruciargli la pelle del viso? Ecco, più o meno The Reach è questo, solo che al posto del compianto Eli Wallach troviamo un luciferino Micheal Douglas, sadico miliardario, uomo d’affari appassionato di caccia, una sorta di Gordon Gekko in chiave West Coast, come dichiarato dallo stesso attore. John Madec – questo il nome del miliardario interpretato da Douglas – ingaggia per una battuta di caccia Ben, un giovane tracker esperto e gran conoscitore della zona. Durante un appostamento Madec uccide involontariamente un uomo, e da lì inizia uno spietato gioco al massacro che vede coinvolto il malcapitato Ben, unico testimone dell’omicidio.
Madec, Ben e il deserto: se tra i primi due s’innesca una caccia alla preda adrenalinica, il terzo elemento è il contorno silenzioso e sterminato che sta a guardare, e che fa da cornice con i suoi splendidi e bollenti paesaggi alla follia di Madec e all’astuzia di Ben, astuzia che dovrà sfoderare per salvarsi la vita. Sì, perché l’attrezzatura milionaria del facoltoso uomo d’affari, che può disporre di tutto per sopravvivere nel deserto tutto il tempo che vuole, va a scontrarsi con la conoscenza del posto di Ben che, seminudo e bruciato dal sole, deve trovare un modo per sopravvivere a temperature che ucciderebbero chiunque in poche ore.
Dopo un’introduzione utile a capire la psicologia dei personaggi, Léonetti ci immerge subito nell’azione, riuscendo a tenere incollato lo spettatore con buon mestiere, ma senza particolari guizzi. Tuttavia il gioco tra gatto e topo diverte, soprattutto grazie a un Micheal Douglas carismatico villain dal volto scavato, arrogante e sadico quanto basta. Al netto di molte incongruenze a livello di scrittura durante la “caccia umana” (bossoli di fucile lasciati lungo il deserto e candelotti di dinamite esplosi, per fare due esempi su tutti), che spesso scozzano con la logica, The Reach diverte e appassiona fino al momento del finale che, letteralmente, affossa il film con un epilogo tirato per le lunghe e francamente non in linea con il resto della pellicola. La contrapposizione tra l’avidità a suon di dollari di Madec e la purezza del ragazzone Ben amante della natura e rispettoso dei principi deraglia nelle battute finali che, purtroppo, tagliano le gambe a un film che fino a quel momento aveva almeno avuto il merito di essere divertente. Michael Douglas che sorseggia Martini nel deserto mentre osserva Ben scappare sotto il sole, però, non ce lo dimenticheremo tanto facilmente.
Giacomo Perruzza