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The Natural History of Destruction

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VOTO: 9

Passato attuale

Un piccolo miracolo è avvenuto al Festival di Cannes 2022. Un miracolo cinematografico a opera del regista e documentarista ucraino Sergei Loznitsa, solito intraprendere un minuzioso lavoro d’archivio prima della realizzazione di ogni suo film. Attraverso questo suo lavoro, testimonianze, filmati e immagini di repertorio vengono sapientemente montati l’uno con l’altro e legati semanticamente tramite le musiche, attrici fondamentali nel raccontare ciò che il cineasta ha voluto mettere in scena. Attraverso il suo cinema, la Storia contemporanea e del passato ha preso vita in modo vivo e pulsante sul grande schermo, come solo uno sguardo attento e coraggioso saprebbe fare. Stesso discorso vale, dunque, per la sua ultima fatica, The Natural History of Destruction, toccante e spiazzante documentario presentato in anteprima, appunto, in occasione della 75° edizione del Festival di Cannes all’interno della sezione Special Screenings. Qui ci viene mostrato un capitolo cruciale della storia mondiale del secolo scorso, in cui possiamo osservare da vicino diversi punti di vista e immagini di forte, fortissimo impatto emotivo.

Inizialmente la situazione sembra del tutto idilliaca. Ci troviamo in un piccolo villaggio della Germania degli anni Quaranta. La vita sembra scorrere tranquilla, tra giornate trascorse a pranzare tutti insieme all’aria aperta, musicisti che intonano allegre melodie lungo la strada e contadini che portano al pascolo i loro animali. Poi, improvvisamente, tutto cambia. La guerra scoppia (quasi) improvvisamente e queste atmosfere conviviali si trasformano immediatamente in un ricordo sbiadito.
Da entrambe le fazioni, i potenti spiegano cosa li muove a portare avanti il conflitto bellico. Chi ne paga le spese, come sempre, sono i civili. Filmati di repertorio prese dagli aerei in volo – con tanto di fotografie di giovani donne e di anziani genitori poste vicino ai comandi – ci mostrano bombe lanciate sul paese nemico. E ancora, immagini di feriti che vengono trasportati in barella dopo un bombardamento, corpi disposti in fila in attesa di sepoltura e, non per ultime, immagini dall’alto di città completamente distrutte, in cui degli unici edifici rimasti in piedi è rimasta solo la facciata esterna.
Rabbia, disperazione, sgomento. The Natural History of Destruction è un lavoro tristemente attuale, che spara a zero su entrambe le fazioni, che urla la sua rabbia nei confronti di un passato doloroso che nel presente in cui viviamo vede fin troppi appigli. L’approccio inconfondibile di Sergei Loznitsa, poi, fa il resto e in un accurato lavoro di selezione e montaggio non vede necessità alcuna di ridondanti didascalie. Da Il nastro bianco (Michael Haneke, 2009) a Germania Anno zero (Roberto Rossellini, 1948) il passo è breve. E il percorso di mezzo fa ancora tanto, tanto male. Ancora una volta, Sergei Loznitsa ha scritto un capitolo fondamentale della storia recente (e contemporanea). Dolente, doloroso, estremamente raffinato nella sua forma, The Natural History of Destruction è indubbiamente una delle opere più interessanti e fondamentali all’interno del programma del rinomato festival cinematografico.

Marina Pavido

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