Tragedia moderna
Confrontarsi con Shakespeare non è mai una passeggiata. A teatro come anche sul grande schermo. Valerio de Filippis ha scelto poi un terreno, il Riccardo III, che la settima arte ha già avuto modo di omaggiare con ottimi risultati: sui vari precedenti si staglia quel Richard III diretto nel 1995 da Richard Loncraine, il quale volle ambientare l’opera negli anni venti del Novecento, in un’Inghilterra immaginata alla mercé di un regime totalitario e con un gigantesco Ian McKellen nei panni del celebre villain.
Siamo comunque di fronte ad adattamenti maestosi, sfarzosi, anche nella componente scenografica. Al contrario The Mirror and the Rascal (Lo specchio e la canaglia), il lungometraggio di Valerio de Filippis, si rapporta a questo immortale classico in piena coscienza della disparità di mezzi, proponendone una rivisitazione morbosa, surreale e dalla chiara impronta minimalista. Fondali scuri isolano i personaggi in una dimensione atemporale, laddove però pistole, computer e cuffiette per ascoltare musica diventano sinonimo di un update decisamente moderno, se non proprio contemporaneo. Con un linguaggio che oscilla di continuo tra quello teatrale, il videoclip e la videoarte, Mirror and the Rascal ha intanto il merito di collocare la fosca cospirazione al centro dell’opera in un’atmosfera malsana, corrotta, nutrita poi di ipnotiche suggestioni dal sinuoso montaggio e dalle avvolgenti tracce musicali. A tratti questa trasposizione può ricordare una cantilena. La recitazione in inglese, coi dialoghi vicini il più possibile al testo originale della tragedia, lavora anche in direzione di una musicalità di fondo, per cui le parole sembrano quasi raggrumarsi nell’ossessiva e straniante colonna sonora, cui si è dedicato lo stesso de Filippis; il quale, per inciso, impersona nel film un serpentino e spietato Riccardo Duca di Gloucester, fratello del Re Edoardo IV, colui insomma che attraverso una lunga catena di delitti si è preposto di eliminare qualsiasi ostacolo tra la sua persona e il trono d’Inghilterra. Ruolo da protagonista, quindi, per un autore che si è circondato di altri validi interpreti, la cui presenza scenica riesce il più delle volte a sopperire all’evidente ristrettezza di mezzi.
Stefano Coccia