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The Lyricist Wannabe

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VOTO: 7

Piccoli Mogol crescono… a Hong Kong

In concorso alla 26ma edizione del Far East Film Festival, The Lyricist Wannabe di Norris Wong porta sullo schermo una Hong Kong fresca ed inedita: quella del Cantopop. Evoluzione della musica popolare cinese, si è sviluppato a Hong Kong legandosi in particolare al suo cinema; ma la regista Wang, in quest’opera in parte autobiografica, si sofferma piuttosto su un aspetto preciso del genere: i testi delle canzoni. Protagonista di The Lyricist Wannabe è infatti la giovane Law Wing-sze (interpretata da Chung Suet-ying), studentessa ed aspirante paroliera; la vediamo iniziare a scuola, insieme alle compagne, scrivendo nuovi testi su musiche esistenti per le esibizioni d’istituto ed in seguito impegnarsi a fondo per seguire quella che considera la sua via, tra successi effimeri e delusioni, ma sempre appoggiata da famiglia ed amici.

Il film viene curiosamente diviso in capitoli/lezioni, che seguono l’evoluzione di Sze; i testi Cantopop sono generalmente scritti in cantonese, e la difficoltà maggiore di un paroliere è proprio abbinare i 9 toni della lingua cantonese alle melodie: alterando il tono di una parola per adattarla alla musica, infatti, se ne può stravolgere il significato. Ecco allora le lezioni di armonia, di rima, la scoperta del metodo numerico 0243 che affronta e risolve il dilemma tonale; cui seguono quelle sulle canzoni d’amore, su come iscriversi alla società dei compositori. Lezioni di scrittura di testi e lezioni di vita si alternano e si intrecciano sullo schermo, a dar corpo ad una commedia leggera con digressioni animate e colorate, dai frammenti di animazione vera e propria agli sticker adolescenziali.

Scrivere un testo di successo, che si combini alla perfezione con la melodia ed abbia al contempo un significato non banale, che unisca tecnica e cuore, non è mai semplice; inoltre, mentre il cantautore scrive da sé le sue canzoni, un paroliere scrive per un altro: ciò significa adattare tecnicamente il testo alla musica avendo cura della personalità di chi dovrà interpretarla. Da noi, il paroliere più prolifico e di successo è sicuramente Mogol (all’anagrafe Giulio Rapetti); se il binomio Mogol/Battisti, durato circa quindici anni, ha portato al successo decine di brani, Mogol ha scritto brani per i più famosi interpreti della musica italiana: Mina, Ornella Vanoni, Bobby Solo, i Dik Dik, Little Tony, la Formula 3, Patty Pravo, Gianni Morandi, Marcella Bella, Riccardo Cocciante, Mango, Umberto Tozzi, Adriano Celentano. Sze, alter ego della regista, che attinge alle sue memorie descrivendo gli sforzi fatti per diventare paroliera, diventerà il Mogol hongkonghese?

Talento, impegno e fortuna possono portare alla realizzazione di un sogno; ma a Sze nulla va come spera. Convinta che il suo talento sia scrivere testi di canzoni, studia, si impegna, ma i suoi sforzi si infrangono contro la roccia di una realtà ostile; vince un concorso ed un contratto ma dura poco, trova la sua dimensione nella creazione di jingle per una start up giovane ma la burocrazia la fa chiudere. The Lyricist Wannabe scandisce, per certo verso, la crescita e le sfide della stessa Hong Kong, descrivendo le difficoltà ad emergere in quello che è un settore elitario (la musica) come anche nell’economia delle start up; e la volontà non sempre basta a raggiungere i propri obiettivi. Sze, la protagonista, interpreta in questo senso la speranza giovanile che sfocia nell’adattamento e nella delusione dell’età adulta; ma la Wong dona leggerezza anche nei momenti bui. Lo schermo diventa così il suo vivace diario da aspirante paroliera, pregno di immagini animate, decalcomanie, fumetti; sogni e fantasie colorati come un cartoon eppure solidi come la roccia, scoglio fisso in un mare di traguardi e delusioni.

Michela Aloisi

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