Con la coscienza a posto
The Integrity of Joseph Chambers segna contemporaneamente il ritorno dietro la macchina da presa di Robert Machoian, qui alla quinta prova sulla lunga distanza dopo svariati cortometraggi, nonché la sua seconda collaborazione con Clayne Crawford dopo The Killing Of Two Lovers. Come nel precedente anche in questa occasione il contributo alla causa dell’attore americano si è rivelato determinante ai fini della sopravvivenza del nuovo film scritto e diretto dal connazionale, con l’interpretazione che a conti fatti ha permesso al plot e al protagonista di restare a galla e acquisire quella credibilità che altrimenti sarebbe potuta venire meno a causa della fragilità strutturale dell’architettura narrativa e drammaturgica.
La pellicola, presentata in concorso alla quinta edizione di Oltre lo specchio Film Festival a un anno e più di distanza dall’anteprima al Tribeca, si poggia e si affida interamente alla performance di Crawford, che a sua volta si carica sulle spalle la responsabilità del personaggio complesso che gli è stato affidato e il compito altrettanto complesso di portare avanti il racconto in gran parte in solitario. Per operazioni come queste, basate su un one man show, la performance attoriale rappresenta un ingrediente fondamentale e imprescindibile che se non altezza della situazione può determinarne il collasso. Fortuna del regista, Crawford si è dimostrato l’uomo giusto al momento giusto, calandosi efficacemente nel ruolo del protagonista, il Joseph del titolo, padre di famiglia e assicuratore, che vive con la moglie Tess e i due figli in una casa in mezzo al bosco. Una mattina, si alza e decide di andare a caccia di cervi, nonostante Tess lo scoraggi a più riprese vista la sua inesperienza. Tuttavia Joseph non le dà ascolto, si fa prestare un fucile dall’amico Doug e si avventura nel bosco. Qui emerge tutta l’arroganza e incompetenza dell’uomo, determinato a dimostrare la sua virilità nonostante riesca a malapena a maneggiare il fucile. Nel tentativo di sparare ad un cervo, Joseph colpisce inavvertitamente un uomo; questo causerà in lui un crollo emotivo e mentale, che lo metterà di fronte alla sua vera natura.
Attraverso una storia semplice e lineare, Machoian racconta la parabola di un uomo qualunque che cerca di dimostrare alla sua famiglia e a se stesso di avere tutte le qualità per cavarsela da solo in mezzo alla foresta. Il personaggio di Joseph cerca di imporre e ostentare un machismo di cui non è palesemente provvisto, e questa sua eccessiva sicurezza di sé lo porterà a commettere tragici errori, tra il grottesco e il drammatico. È un film che critica le imposizioni della società nei confronti dell’uomo medio, ma anche l’uso improprio delle armi in America. Molto curata la fotografia e il reparto sonoro, che permettono allo spettatore di immergersi completamente nell’ambiente boschivo in cui è ambientata la vicenda. In particolare il sound design e le musiche partecipano in maniera attiva al racconto, trasformando l’odissea umana del protagonista in un’esperienza sensoriale angosciante, che ha nella scena della sepoltura il momento più forte in un tracciato emotivo che resta pressoché costante per il resto della timeline. L’assenza di originalità nel plot e nelle dinamiche che lo animano non giocano a favore del risultato finale, tuttavia Machoian trova il modo di intrattenere lo spettatore con una successione di piani sequenza e di invenzioni sonore che ci permettono di entrare nella mente del protagonista.
Francesco Del Grosso