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The Gangster, the Cop, the Devil

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VOTO: 6.5

Caccia al Serial Killer

Tutto comincia con il roboante titolo tripartito, che sintetizza in modo accattivante la trama, e che spacca l’usuale dicotomia noir: “poliziotto versus gangster”. Queste due figure agli antipodi, che nei canoni classici rappresentano il buono e il cattivo – o al massimo con un poliziotto pronto a infrangere le leggi, ma per far rispettare la legalità –, in questo caso decidono di associarsi per sconfiggere il vero male che affligge la loro città/regno, cioè un diabolico serial killer. Inoltre, il titolo di The Gangster, the Cop, the Devil, che evoca il tonante Il buono, il brutto e il cattivo (1966) di Sergio Leone, rende evidente, attraverso il segno d’interpunzione che separa i tre differenti soggetti della frase/trama, come i tre individui, benché implicati fra loro in questa vicenda, permangono nella loro sfera abituale. La virgola marca soprattutto la vicinanza – ma separata – tra il gangster e il poliziotto che, seppure decidano di collaborare giocoforza contro il terzo soggetto, persistono ambedue ad agire con i loro abituali modi attuativi.

Assuefatti a tonitruanti pellicole d’azione che stordiscono lo spettatore, The Gangster, the Cop, the Devil di Won-Tae Lee, visto al #Cineuropa33, è quasi un’opera all’opposto per com’è strutturata. La pellicola di Lee si potrebbe benissimo definire come un action-noir di stampo manieristico, in cui si possono ravvisare differenti situazioni già viste in pellicole similari, ma il déjà vu che ne scaturisce non è per nulla fastidioso, perché il regista coreano non eccede negli omaggi, e amalgama queste reminiscenze in un prodotto eterogeneo nell’essenza ma omogeneo nell’impostazione. Quest’opera, quindi, è anche una piacevole sorpresa per come Lee si sia abbeverato nel modo giusto nel vasto bacino cinefilo, a differenza di tanti altri registi cinefili che ripropongono i loro gusti nel modo errato. Il primo autore che torna alla mente è John Woo, attraverso i caratteri dei due strani “compari”, in cui il gangster Jang Dong-seok a suo modo ha una profonda legge morale, e il poliziotto Jung Taek-suk un carattere anticonformista (non segue i comandi del suo superiore, che è un pavido e un corrotto). La loro unione ricorda anche il tema dell’amicizia, centro focale di molte pellicole di Woo. La figura del poliziotto coriaceo, pronto a superare le linee del corretto per acchiappare l’assassino ricorda, però, anche i tutori della legge descritti nei polizieschi di William Friedkin, autore ravvisabile anche nella tortuosa sequenza dell’inseguimento urbano. Il paesaggio cittadino, fotografato realisticamente da Park Se-seung, ricorda quelli iper-realistici filmati in digitale da Michael Mann. Non manca nemmeno, nella coda finale, un omaggio al legal movie, in cui la tensione continua ad essere palpabile, benché i personaggi siano seduti. The Gangster, the Cop, the Devil ha poi principalmente il pregio maggiore di non essere strutturato con un montaggio inutilmente pompato, restando su una cadenza quasi distesa che lascia il tempo di gustarsi la storia, senza che il ritmo dell’azione perda di movimento. Quello che non riesce a Lee, autore anche della sceneggiatura, è applicare un lirismo a molte scene memori di John Woo. Tenta un rallenti lirico verso il finale, ma purtroppo non è pienamente riuscito.

Roberto Baldassarre

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