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The G

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VOTO: 7,5

G come giustiziera

Hell or High Water, Iron Man 3, La promessa, Un gelido inverno, Breaking Bad e tanto tantissimo altro nella sua ricchissima e variegata carriera. Eppure nessuno, in oltre trent’anni di attività, nonostante una bravura indiscussa ampiamente certificata e centoquaranta progetti alle spalle tra piccolo e grande schermo, aveva mai pensato di affidare a Dale Dickey un ruolo da protagonista. Sempre e soltanto, per quanto ci riguarda colpevolmente, relegata a comprimaria di lusso. Ciononostante ha saputo lasciare il segno ogni volta che è stata chiamata in causa. Ma non è mai troppo tardi per rimediare e nel caso dell’attrice statunitense ci ha pensato Karl R. Hearne a rimediare al torto affidandole il personaggio principale della sua opera seconda dal titolo The G. E non è un caso che la Dickey abbia ripagato la fiducia con una grandissima performance che, oltre a rappresentare il valore aggiunto del film, le è valsa il premio per la migliore interpretazione femminile nella sezione “Panorama Internazionale” della 15esima edizione del Bif&st con la seguente motivazione: «Per il coraggio e l’ostinazione con cui tiene insieme l’estrema durezza e una segreta, perversa, tenerezza plasmando l’eroina più sorprendente di un concorso, mai come quest’anno, ricco di figure femminili chiamate a riempire i vuoti sempre più profondi della nostra scena sociale».
La motivazione della giuria presieduta da Maurizio Porro che ha accompagnato il meritatissimo riconoscimento vinto alla kermesse pugliese ha sottolineato tanto l’importanza e il peso specifico del personaggio quanto le diverse sfumature caratteriali che l’attrice di Knoxville è riuscita a fare emergere attraverso la sua interpretazione, quella di un’ex alcolizzata di nome Ann Hunter, alias G, che insieme a suo marito si è trasferita in un sobborgo americano senza nome per essere più vicina alla famiglia. Un giorno, scoprono che la loro casa e tutto ciò che possiedono sono stati presi di mira da funzionari corrotti che lavorano con strutture di assistenza agli anziani. La loro casa viene espropriata e la coppia viene trasferita in una casa di riposo simile a una prigione. La donna capisce che l’unica via d’uscita da questo inferno in terra è mostrare i suoi artigli con l’aiuto della sua amata e fedele nipote Emma. Con il suo aiuto e riattivando contatti con quel passato malavitoso che si era lasciata alle spalle, la donna mette escogita un piano per evadere da quella struttura e vendicarsi del tutore legale corrotto che le ha rovinato la vita.
Insomma un incrocio tra la Laura Oliver della serie Frammenti di lei e il Tom Stall di A History of Violence per creare il codice genetico di un personaggio e del film che mescolano senza soluzione di continuità il dramma, il revenge movie e il thriller. Un mix originale e avvincente, dal quale emerge un umorismo nero che si punta il dito contro tutto ciò che accade oggi in un sistema marcio e in una società malata. Questo perché ciò che viene raccontato e mostrato in The G, anche se romanzato, non è tutto frutto dell’immaginazione del regista e sceneggiatore canadese di origini irlandesi. Storie, dinamiche e personaggio sono infatti ispirati a eventi reali e all’esperienza familiare dell’autore, in particolare a quella di sua nonna. È lei la figura dal quale Hearne ha attinto per plasmare e delineare il profilo caratteriale della protagonista, che una straordinaria Dale Dickey ha fatto sua per poi cucirsela addosso e portare sullo schermo una giustiziera della notte sui generis.
Con e intorno al personaggio, il cineasta canadese costruisce un noir dalle tinte forti che gioca con gli stilemi del filone e con quelli mistery e della classica storia di vendetta. Passando attraverso una veste di cinema di genere piuttosto accentuata giunge a una dimensione socio-politica che consente all’opera di affrontare senza mezze misure un tema scomodo, quello delle truffe ai danni degli anziani che quotidianamente vengono raggiunti da incredibili e scioccanti misure restrittive che li privano dei propri bene e soprattutto della libertà. Ciò fa di The G un film anche utile, capace di fare suonare un campanello d’allarme che speriamo qualcuno oltreoceano decida finalmente di ascoltare.

Francesco Del Grosso

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