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Chi è senza colpa

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VOTO: 7.5

Niente è come sembra

Ci sono autori che riescono a farsi riconoscere sin dalle prime opere, nel caso del regista belga Michaël R. Roskam tutto ciò si manifesta nella padronanza del genere grazie anche alla rinnovata collaborazione col direttore della fotografia, Nicolas Karakatsanis, abile nel creare un’atmosfera inconfondibile pur rispecchiando gli stilemi.
Presentato alla 32^ edizione del Torino Film Festival nella sezione “Festa mobile”, Chi è senza colpa (in originale The Drop) è tratto dal racconto “Animal Rescue” di Dennis Lehane, lo stesso autore di “Mystic River”. A tenere le fila della storia c’è un uomo comune, Bob (Tom Hardy), è lui stesso a dire più volte: «sono solo un barista», ma capiremo che nulla è come sembra né per lui né per suo cugino Marv (James Gandolfini) né per tutti coloro che gli gravitano attorno, anche coloro che potrebbero incarnare degli stereotipi. A un tratto vi troverete a identificare qualcuno come il cattivo di turno, ma i fatti vi faranno cambiare idea perché ci sarà qualcuno che lo supererà! Ecco, questo è solo uno degli aspetti che terrà viva l’attenzione dello spettatore che rimane incollato allo schermo, pronto a vedere che traiettoria infernale prenderanno i traffici illeciti di denaro e a cosa porterà il ritrovamento casuale di un cucciolo di pitbull. Noi possiamo solo anticiparvi che grazie all’animale farà la sua entrata in scena Noomi Rapace (Nadia), una vicina che non starà di certo defilata.
Dopo Rundskop (titolo internazionale Bullhead), scelto nel 2012 per la candidatura agli Oscar come Miglior Film Straniero, Roskam ci fa rituffare nelle sfumature dell’animo umano mascherate dai toni caldi che spesso vestono gli interni in antinomia col freddo esterno (siamo vicini al Natale), ci presenta volti rassicuranti, personaggi misantropi e riservati dietro cui c’è un mondo tutto da scoprire e scandagliare. The Drop, distribuito in Italia dalla 20th Century Fox a marzo col titolo Chi è senza colpa,  è un thriller-noir che mette a tema la mafia (in particolare quella cecena per conto della quale i due cugini gestiscono il bar) e in un secondo livello il marcio che può esserci in ognuno di noi. The Drop vuol dire: “lasciare cadere a gocce” e infatti, dal punto di vista drammaturgico, lentamente il nero viene a galla, una goccia va ad aggiungersi all’altra finché il quadro è chiaro – sempre che qualcosa non cambi ulteriormente dopo la fine che ci viene offerta. Ma The Drop vuol dire anche “far cadere”, riferendosi al ruolo della botola dal doppio fondo, posta sotto il bancone del bar.
La dolcezza è tutta affidata al pitbull di nome Rocco (proprio come il santo protettore degli animali), solitamente nell’immaginario comune non è una razza legata alla tenerezza, ma Rocco riesce a sconfessare quell’idea regalandoci questo barlume di amore, una miccia che si accenderà anche in Bob.
Hardy dà corpo a un uomo qualunque, cattolico praticante (che non fa la comunione durante la messa) dai gesti caritatevoli e da atti sorprendenti alimentando, anche con questa interpretazione, l’idea di versatilità che ci si era creati – anche se la straordinaria interpretazione in Locke di Steven Knight è ancora insuperabile. Parlandovi di The Drop ci piace rivolgere un ricordo particolare a James Gandolfini, scomparso proprio mentre il lungometraggio andava al montaggio.
Rundskop si apriva così: «A volte, le cose che succedono nella vita fanno diventare tutti silenziosi […] Qualsiasi cosa tu faccia o pensi, di questo puoi essere sicuro, sei sempre fottuto». Con questo secondo lungometraggio, per quanto le storie siano diverse, Roskam mantiene il filo del rapporto uomo-animale e della malavita, rinnova quelle parole in nuove tinte (dis)umane puntando sul velo della menzogna e ci interroga se quel “sei sempre fottuto” varrà per tutti, a partire da quello che non ci dice sui nostri protagonisti e al di là di quel “the end”.

Maria Lucia Tangorra

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