Il futuro tra distopia e realtà
Pipistrello d’Oro come miglior lungometraggio alla 42ma edizione del Fantafestival, il film polacco The Day I Found a Girl in the Trash di Michał Krzywicki ha conquistato pubblico e giuria (composta dal regista Roberto De Feo, dal critico Stefano Coccia e dalla scrittrice Cristina Astori) sia per la profondità dei temi trattati che per la poetica con cui gli autori ed attori protagonisti, Michał Krzywicki e Dagmara Brodziak, hanno saputo raccontare una storia che potrebbe sembrare distopica ma che, a ben vedere, non è troppo lontana dalla realtà verso cui il mondo sta tendendo, inesorabilmente ed ineluttabilmente.
Nella Polonia a cavallo tra il 2028 e il 2029 (tutto si svolge, temporalmente e simbolicamente, nell’arco del passaggio da un anno all’altro), in uno stato orwelliano, la legge prevede che i criminali, condannati per reati gravi, vengano trasformati in automi mediante l’inoculazione di un prodotto chimico, la Vaxina, che cancella irrimediabilmente i ricordi, e l’utilizzo di un collare che rende insensibili al dolore. Sostanza testata precedentemente sugli animali, la Vaxina (termine che suona sinistramente familiare ai nostri giorni) porta l’essere umano alla totale disumanizzazione, laddove voleva apparire come ‘benefica lenizione del dolore’ per gli animali da allevamento; dallo sfruttamento della natura e degli animali a quello degli umani automatizzati il passo è breve, e in quella che appare sempre più una democratica dittatura che impone le sue leggi usando l’automazione coatta come forma di ricatto intrinseco per gli oppositori, le proteste scorrono silenziose. I tentativi di coraggiosi attivisti contrari a questa moderna forma di schiavitù vengono repressi dalle forze dell’ordine; cosi il protagonista Szymon viene separato dalla compagna Julia, e come ultima forma di protesta sceglie di suicidarsi in diretta sui canali social la notte di Capodanno. L’incontro casuale con l’automatizzata Blu, appena liberata del collare dall’ultimo proprietario, cambierà tutto.
La società descritta da Krzywicki è cupa come i colori usati per descriverla; il ponte verso il transumanesimo ha preso la strada più oscura, dell’automatizzazione forzata che rende schiavi, mentre i ricchi e potenti decidono le sorti di quel che resta dell’umanità. Inquietante in tal senso la scelta dell’appuntamento giornaliero con l’inno nazionale, che unisce tutti i polacchi, immobilizzati, in piedi, in un canto unico; sottintende la cieca obbedienza dovuta dal popolo allo Stato, negando ogni individualità. Krzywicki regista incontra Krzywicki attore; e la sua visione pessimista passa dall’uno all’altro senza soluzione di continuità; ma l’incontro con Blue, nella vita, nella sceneggiatura e sullo schermo, porta colore e il tocco leggero della speranza, in un viaggio dal finale aperto che anela alla libertà ed alla vita.
Blue è Dagmara Brodziak, che con Michał Krzywicki fa coppia anche nella vita da una decina d’anni; dal confronto tra le due visioni fiorisce la poesia intrinseca di The Day I Found a Girl in the Trash, trasformando il mondo attraverso gli occhi ingenui della neonata Blue e della sua eccezionale interprete. Neonata, perché la Vaxina ha cancellato ogni ricordo della perduta umanità, e una volta libera Blue è come una bimba alla scoperta del mondo, che si perde nel blu di una televisiva Blue Lagoon e chiama amica una gallina, entrando in profondo contatto con le meraviglie piccole e grandi della natura, ed esprimendosi attraverso i movimenti degli animali e della danza Butoh, grido primordiale dell’anima. La musica di Krzysztof A. Janczak, delicata, avvolgente, empatica, fornisce la cornice perfetta per il quadro in movimento di quello che assume pian piano le sembianze di un road movie verso la libertà; le note rivisitate di Czekam si snodano lungo la strada, unendo presente e passato in subitanei flashback che ci fanno intravedere scorci della vita di Szymon e ce ne mostrano fragilità e forza, i motivi della resa e la rinata speranza. Mentre di Blue non sapremo nulla: totalmente disumanizzata dalla Vaxina, non ha passato, ed ora rinasce a nuova vita con l’aiuto di Szymon, mentore e padre, amico e salvatore, compagno di viaggio che tenta di portarla nella vicina Svezia, dove la barbara pratica non è in uso e gli automi liberati trovano una seconda possibilità di vita.
La giuria di qualità ha premiato The Day I Found a Girl in the Trash “Per i messaggi di cui questo film si fa portatore: animalista e ecologista su tutto”; a parere di chi scrive, il significato di questo film va anche oltre: il parallelo tra animali ed automi, lo sfruttamento di entrambi e della natura stessa, sono solo un aspetto del prisma caleidoscopico di un lungometraggio che tocca in primis i valori fondamentali dell’uomo e le sue libertà più elementari, negati qui da un governo autoritario che si nasconde dietro una propaganda apparentemente democratica. Aspetto, questo, che suona sinistramente affine a certi accadimenti che hanno iniziato a rivelarsi nella nostra occidentale Europa in questi ultimi anni; rendendo il futuro distopico di The Day I Found a Girl in the Trash meno irreale di quanto vorremmo.
Michela Aloisi