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The Boy

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VOTO: 7.5

Le ceneri della punizione

Così come The Gift, di cui abbiamo parlato, anche The Boy è stato presentato a Sitges, il Festival internazionale di film fantastici che si tiene ogni anno nel mese di ottobre in Catalogna. Diretto da Craig William Macneill, questo interessante lavoro prende vita dal seme gettato in un suo vecchio cortometraggio – Henley (2012) – ispirato a sua volta dal romanzo Miss Corpus di Clay McLeod Chapman (co-sceneggiatore del film) e con il quale debuttò tre anni fa al Sundance Film Festival.
Quale sia l’ingrediente principale che agisce sulla vita di Ted, un bambino di 9 anni che con il padre gestisce un motel in mezzo al nulla, è difficile da definire. Sarà la noia, sarà la solitudine, sarà la violenza di una vita animalesca in quel deserto, ma il giovane cova dentro di sé una rabbia che sfoga prima sugli animali e poi sui clienti. La madre è scappata con un camionista, lasciandolo solo con il padre alcolizzato (David Morse), Ted sviluppa così un attaccamento morboso verso i (pochi) turisti che alloggiano nel loro motel, tanto da trovare diversi escamotage per trattenerli con lui. È la sorte che spetta ad un automobilista misterioso (Rainn Wilson) o ad una famiglia in vacanza costretta a fermarsi lì per una notte.
The Boy segue in qualche modo i ritmi della vita del ragazzo: la lentezza delle sue giornate, colmate di nulla e di sole stanze da ripulire, sono ben raccontate dalle tempistiche cinematografiche. Siamo nel 1989, negli States (anche se la pellicola è girata interamente in Colombia), e l’aridità della natura morta e polverosa in quel posto dimenticato da Dio sono disegnate dai colori desaturati della fotografia. Funziona in questo modo il senso di oppressione che viene trasmesso allo spettatore, con una quotidianità che appare come uno stato di prigionia costante. Questa è la condizione che investe buona parte della pellicola e dalla quale Ted, con un occhio sempre rivolto verso la madre in California, vorrebbe scappare. Esiste in qualche misura, nell’animo suo, la sensibilità verso la sofferenza, la curiosa ed infantile domanda su cosa è bene e cosa – invece – è male. La rabbia repressa e la frustrazione, davanti ad un padre che cerca di tenere assieme i pezzi tra il suo ruolo di genitore e l’alcool, fanno di lui un maligno vendicatore disposto a tutto pur di cambiare le carte in tavola o anche solo di spezzare via la monotonia.
Siamo lontani dal circuito dei figli del Demonio, in questo caso, perché dentro Ted non alberga alcun essere crudele pronto ad avere la meglio sull’umanità intera. The Boy tende la mano semmai a Lukas ed Elias, i due gemellini di Goodnight Mommy – a non voler tornare troppo indietro nel tempo – la pellicola diretta da Veronica Franz e Severin Fiala, proprio per il realismo di cui è imbevuto. Il cinico distacco che fa parte dell’interpretazione di Jared Breeze nei panni del piccolo squilibrato, i suoni vibranti e scomodi della colonna sonora, aiutano nella costruzione di un personaggio in cui il seme della tensione germoglia molto lentamente. Un lavoro sulla miscela pericolosa tra isolamento ed abbandono, The Boy avrà due sequel che vedranno Ted all’età di 13 e 18 anni, fuori dalla gabbia genitoriale, ed aprirà quindi le porte ad una trilogia da non perdere per nessuna ragione al mondo.

Riccardo Scano

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