Tutti i colori dei Watanabe
Abbiamo conosciuto i film di Hirobumi Watanabe durante la pandemia, grazie alla versione online del Far East Film Festival del 2020; e l’abbiamo amato immediatamente. Originale, ironico, sorprendente, Watanabe è stata la sorpresa di quell’edizione con i suoi film, girati rigorosamente in un classico bianco e nero, che descrivono in modo bizzarro, estroso ed autoironico un mondo che prende forma dalla realtà della sua città natale, Ōtawara, nella prefettura di Tochigi, a nord di Tokyo, cui si sovrappone lo sguardo singolare e fantasioso di Hirobumi. Un approccio alla regia fuori dal comune, a suo modo eccentrico, ai nostri occhi assolutamente geniale.
A tre anni di distanza, la 25ma edizione del Far East Film Festival ha portato a Udine i Watanabe Bros, il regista Hirobumi e suo fratello Yuji, compositore di tutte le colonne sonore, a presentare le loro ultime opere: Way of Life, auto-documentario sul periodo pandemico che non perde il tocco originale del regista, e Techno Brothers, atipico ma perfetto connubio tra la commedia musicale ed un classico on the road. Disponibili e gentili con il pubblico delle differenti sale in cui sono state proiettati i due lungometraggi, il cinema Visionario ed il teatro nuovo Giovanni da Udine, che li ha accolti calorosamente, i due fratelli hanno portato sul palco un pizzico della follia presente nei propri film.
Techno Brothers, l’ultimo nato in casa Foolish Piggies Films, la piccola casa di produzione indipendente creata dai due fratelli ad Ōtawara, si stacca nettamente dai lavori precedenti; girato a colori, mescola classici come I Blues Brothers (John Landis 1980) e Leningrad Cowboys Go America (Aki Kaurismaki 1989), con un richiamo alla direttrice di Vogue Anna Wintour (che ha ispirato Il diavolo veste Prada) nella figura della autoritaria manager Himuro (interpretata perfettamente dell’esordiente Yanagi Asuna), dandone al contempo una interpretazione assolutamente singolare ed inaspettata.
I Techno Brothers sono un trio formato dai due Watanabe con l’amico Kurosaki Takanori che suona musica tecno (sul genere del gruppo tedesco Kraftwerk) in cerca di fama e successo; nel grigio parcheggio di Tochigi si incontrano con la misteriosa ed arrogante Boss Riko (Hisatsugu Riko, musa in miniatura del regista, che ricordiamo bambina protagonista del divertentissimo I’m Really Good) che dice loro, senza mezzi termini, che la loro musica non può aver successo nella cittadina e di tentar la fortuna a Tokyo. Ovviamente, pagandosi il viaggio a proprie spese: ‘siete musicisti’, la stoccata che per chi fa arte e non ha ancora raggiunto la notorietà ha un sapore agrodolce. A bordo di una monovolume, i tre partono con la propria manager, dando vita ad un road movie quantomeno bizzarro, intervallato da improbabili partecipazioni a concorsi ed eventi musicali rimediate da Himuro. Ma più che il viaggio in sé, il fulcro di Techno Brothers sono i personaggi ed il rapporto reciproco, stravagante mix tra la tenace e prepotente Himuro dai capelli a caschetto ed i silenziosi ed impassibili Watanabe, vestiti come Blues Brothers in rosso, occhiali da sole ed espressione imperturbabile. Gags, tormentoni (come il bicchiere d’acqua come pasto), disastri annunciati ed altri imprevedibili, sono la chiave comica di un film irresistibile che mantiene lo spirito umoristico tipico di Hirobumi portandolo al livello successivo: dal microcosmo di Ōtawara al mondo. E se i Techno Brothers suscitano nel proprio pubblico perlopiù perplessità, i Watanabe Bros assurgono viceversa a ben altra fama, raccontando sul grande schermo un mondo fatto di umorismo bizzarro e pura poesia.
Michela Aloisi