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Takano Tofu

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VOTO: 8

Tutto il resto è soia!
No, non ho detto noia

L’altro giorno ho confuso il tofu con il tufo
Ora non ho più i denti
Tutto il resto è soia
Nanowar of Steel, “Bestie di Seitan”

Bingo! Incetta di premi per Takano Tofu del giapponese Mihara Mitshuhiro, alla ventiseisima edizione del Far East Film Festival: Gelso d’Oro ovvero primo premio agli Audience Awards (con la stratosferica media di 4,51) e Gelso Viola MYmovies, a riprova del fatto che sia il pubblico in sala a Udine che quello collegatosi attraverso la piattaforma ha amato molto questo intenso racconto cinematografico e soprattutto i suoi personaggi, dotati di un’umanità che indubbiamente buca lo schermo.
Tutto ciò in un’edizione del festival che ha visto la filmografia giapponese ancora una volta sugli scudi (vedi pure il secondo posto nei già menzionati Audience Awards per Confetti di Fujita Naoya e il Black Dragon Audience Award per lo splendido Bushido di Shiraishi Kazuya, senza contare poi i film che non hanno vinto premi ma ci hanno emozionato molto come 8×2 Beyond Youthful Days di Fujii Michichito), forse proprio per la capacità di sfornare opere cinematografiche in grado di coniugare sentimenti universali e tratti specifici della cultura nipponica.

In tal senso il delizioso Takano Tofu lambisce uno dei temi ricorrenti, per quanto riguarda le pellicole che hanno saputo raccontarci – e non solo negli ultimi anni, ma partendo da molto più lontano – il Paese del Sol Levante: il cibo, lo stare a tavola, il bere in compagnia. Un qualcosa cioè in cui convergono il senso più profondo della Tradizione e i ritmi odierni della quotidianità.
Se poi molti film anche di recente hanno celebrato il sushi, i dorayaki, il sakè, persino la più recente diffusione del whisky (vedi per esempio il bel lungometraggio d’animazione presentato l’anno scorso al Future Film Festival ed intitolato Komada – A Whisky Family), una portata così peculiare e diffusa come il tofu era rimasta finora un po’ in ombra. Ci si perdoni pertanto l’aver introdotto l’argomento con un timbro chiaramente goliardico, ossia citando quell’irresistibile canzone dei Nanowar of Steel, nella quale si usano a riguardo toni piuttosto irriverenti. In realtà abbiamo molto invidiato la direttrice del festival Sabrina Baracetti, quando il regista Mihara Mitshuhiro si è presentato al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, prima della proiezione, con alcune confezioni originali di tofu da donare allo staff. In realtà questa pietanza – presente ad esempio nella zuppa di miso – ci è assai gradita e vederla preparare sullo schermo nella maniera tradizionale avrà fatto venire l’acquolina in bocca a molti, crediamo, non soltanto a noi.

Se la preparazione del cibo nelle sue diverse fasi, filmata con grande perizia da Mihara Mitshuhiro, già comunica una notevole armonia, è nelle deliziose alchimie tra gli interpreti e nella natura di ciascun personaggio che vanno cercati la riuscita, il successo, le forti risonanze emotive di Takano Tofu. Intimamente connesso coi paesaggi, le stradine e le così semplici abitazioni di Onomichi, cittadina situata nella prefettura di Hiroshima, tale racconto cinematografico pone al centro l’affettuoso rapporto tra un modesto ma oltremodo coscienzioso ed esperto fabbricante di tofu, Takano Tatsuo (Fuji Tasuya), e sua figlia Haru (Aso Kumiko), da tempo in età da marito ma talmente attaccata all’attività famigliare da impegnarsi poco nella ricerca. A smuovere le acque in una simile direzione saranno invece il padre e un plotoncino di amici, conoscenti e clienti, tutti così stralunati e picareschi da far quasi invidia al nostrano Amici miei di monicelliana memoria. La ricerca del pretendente ideale (nel corso della quale faranno capolino anche gustosi riferimenti alla cucina italiana) si smuoverà e procederà presto, però, in un verso differente rispetto a quanto preventivato…

Commedia agrodolce che si avvale di splendidi attori, sia per quanto concerne i protagonisti che per i ruoli minori, Takano Tofu non vanta alcunché di roboante ma fluisce sullo schermo con lo stesso ritmo dei cambi di stagione, lasciando il tempo di affezionarsi ai personaggi e alle loro storie, un po’ con lo spirito che caratterizzava al tempo il cinema dell’indimenticabile Yasujirō Ozu.

Stefano Coccia

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