Misteriose porte
Uno dei titoli maggiormente attesi, in corsa per l’Orso d’Oro, a questa 73° edizione del Festival di Berlino è indubbiamente Suzume, ultima fatica del celebre animatore giapponese Makoto Shinkai. Suzume, dunque, è uno straordinario viaggio per il Giappone, un non sempre facile – e alquanto doloroso – percorso di crescita, ma anche un’importante metafora e una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti di una nazione che tanto e tanto ha sofferto negli ultimi anni.
Suzume è un’adolescente che vive insieme a sua zia a Miyazaki (e già la scelta della location ci sembra un chiaro omaggio al maestro dell’animazione giapponese, fondatore del celebre Studio Ghibli). Un giorno, mentre si sta recando a scuola, la ragazza incontra un misterioso giovane che le chiede informazioni circa alcune rovine nei pressi della città. All’interno di tali rovine si trova una porta che sta in piedi da sola, da cui, se aperta, viene fuori un fiore gigante in grado di scatenare fortissimi terremoti. Suzume scopre per caso tutto ciò e insieme a Sauta (questo è il nome del ragazzo) intraprenderà un lungo viaggio, al fine di chiudere tutte le porte presenti nel territorio e prevenire, così enormi catastrofi.
Questo interessante lavoro di Makoto Shinkai, dunque, si distingue innanzitutto (e come da tradizione per tutti i film del regista di Nagano) per figure dai tratti netti su fondali fortemente dettagliati. Il suo Suzume è un vero e proprio trionfo di colori (particolarmente suggestive, a tal proposito, le scene in cui il fiore tenta di uscire, di volta in volta, dalle porte o quando passato e presente – grazie a numerosi flashback – si alternano, si sovrappongono, ci mostrano ogni volta le stesse realtà in diversi momenti storici).
Ritmi serrati, scene al cardiopalma (come, ad esempio, quando la nostra Suzume resta appesa a una vecchia ruota panoramica) ben si alternano con momenti maggiormente contemplativi e di condivisione, in cui una sottile e delicata ironia si traducono in uno spiccato lirismo, tipico della filmografia di Makoto Shinkai (così come di gran parte della tradizione del cinema d’animazione orientale in generale).
Suzume, dunque, attraverso le vicende di un singolo personaggio, ci racconta innanzitutto la storia recente del Giappone. I frequenti terremoti, ma anche – e soprattutto – il disastro nucleare di Fukushima hanno messo la nazione in ginocchio. Eppure, in un modo o nell’altro, la gente trova sempre la forza per rialzarsi, per ricominciare, per costruire dalle macerie una nuova realtà. E in questo suo importante lungometraggio, dunque, Makoto Shinkai ha voluto raccontarci principalmente proprio questo, rendendo un profondo e sincero omaggio alla sua terra. La sua, dunque, è un’opera profondamente toccante e pregna di simbolismo. L’eleganza del suo stile, poi, ha fatto tutto il resto e ci ha regalato un piccolo, prezioso gioiello in questa 73° Berlinale.
Marina Pavido