Che la Forza sia con J. J. Abrams
Che la Forza sia con J. J. Abrams, perché il cammino è arduo. Ma questo lo si sapeva in partenza. Raramente, forse mai, si era percepito tale clima di attesa per un film, clima noto a tutti ma che è bene comunque riassumere nelle sue coordinate essenziali, tanto per suggerire la portata dell’evento: proiezioni per la stampa a Roma e altrove, blindate come Fort Knox; perquisizioni all’ingresso di codeste anteprime degne di un aeroporto internazionale; toni minacciosi sui social network, al punto di far quasi impallidire l’ISIS, per far desistere i cronisti più sprovveduti da qualsiasi forma di spoiler; biglietti per il giorno dell’uscita (cioè oggi) già venduti da settimane, così da riempire sale intere in anticipo. E potremmo elencarne molti altri di fatti decisamente singolari. Però ci interessava soltanto ricordare quanto fossero grandi le aspettative per questo Episodio VII, che rispetto alla saga di Star Wars segna, del resto, un passaggio del testimone importante, da padron Lucas all’enfant prodige del cinema hollywoodiano, J. J. Abrams.
Mentre siamo alle prese col nostro articolo, finito da poco un embargo giornalistico fatto rispettare con più fermezza di tante risoluzioni dell’ONU, ci è stato sufficiente dare un’occhiata al web per renderci conto di come la bufera dei commenti e delle interpretazioni si stia già scatenando. Come era fin troppo facile immaginare, si passa dal fan completamente deluso che ora vorrebbe la testa del povero J. J. a coloro che si sono entusiasmati a prescindere, fosse solo per il ritorno degli amatissimi personaggi della prima trilogia. Da parte nostra, occorre precisarlo subito, ci si colloca più o meno a metà strada, ma con un certo grado di soddisfazione dovuto al fatto che Star Wars: Il Risveglio della Forza neanche a noi è sembrato un capitolo memorabile, ammettiamolo pure, ma resta più che godibile sia a livello visivo che da un punto di vista puramente emozionale.
Adesso il segreto starà nel parlarne senza rivelare troppo. Perché mai come in questo caso vige l’undicesimo comandamento: non spoilerare. E speriamo che la Forza ci venga incontro in questo difficile compito…
Le didascalie iniziali scorrono sullo schermo alla vecchia maniera e ci conducono svariati anni dopo la vittoria dei Ribelli contro l’Impero. Il quadro generale si potrebbe riassumere così. Fatti di una certa gravità hanno spinto Luke Skywalker (che sarà a lungo il convitato di pietra del film) a ritirarsi in un angolo remoto e imprecisato della galassia. Nel mentre un esercito di nostalgici dell’Impero, con al vertice sinistri eredi dei Sith che hanno assunto il nome di Primo Ordine, ha ripreso a minacciare assai pericolosamente l’esistenza della Repubblica. E ancora una volta l’unico baluardo contro questa oscura potenza sembrerebbe essere la Ribellione, tornata anch’essa ad agire.
Nell’incandescente situazione appena descritta le primissime sequenze di Star Wars: Il Risveglio della Forza ci portano, altro topos della saga immancabilmente rispettato, su un pianeta desertico e poco ospitale, quale ci appare da subito Jakku: è qui che durante la Guerra Civile Galattica (di cui si vedono ogni tanto gli effetti sul paesaggio), un anno dopo la Battaglia di Endor, avvampò una violenta battaglia tra la Nuova Repubblica e l’Impero Galattico. Ed è sempre qui che lo spettatore prenderà confidenza con alcuni dei nuovi personaggi, ovvero Finn, Rey e il droide BB-8, immediatamente alle prese con la rinnovata potenza dell’Impero e col tanto atteso Kylo Ren, che da quanto si è visto non ha il titolo di Sith (né il fosco carisma dei suoi predecessori), ma possiede comunque una certa confidenza col Lato Oscuro della Forza.
Invece di raccontarvi nei dettagli il prosieguo della nuova avventura, cosa per cui potremmo persino attirarci l’odio del lettore, proviamo un attimo a descriverne lo spirito. Un J. J. Abrams meno disposto ad osare, rispetto a quanto fatto in precedenza con il mito e – soprattutto – con gli sviluppi cronologici di Star Trek, si è prestato di buon grado a giocare col prevedibile “effetto nostalgia”, dovuto al tornare in scena di personaggi come Han Solo, il fido Chewbe, la principessa (ora generale) Leila Organa, C-3PO e altri ancora. E se la presenza di Carrie Fisher suscita più che altro tenerezza, tutt’altra storia per il rinnovarsi del rapporto quasi osmotico tra Harrison Ford e il suo Millennium Falcon.
Insomma, da un punto di vista filologico il talentuoso cineasta americano è un ragazzo che ha studiato a fondo la materia, che sa svolgere bene il compitino assegnatogli anche quando si tratta di gestire con polso l’azione. Superlativa è senz’altro la conduzione delle grandi, epiche battaglie che hanno costituito, sin dalla nascita di Star Wars, uno dei pregi maggiori della space opera per eccellenza. Più balbettante si fa il discorso quando J. J. Abrams tenta di rimodernare il look del racconto, inserendo quelle tematiche “teen”, quegli alleggerimenti comici, quei momenti di spaesamento relativi soprattutto ai nuovi personaggi, che per quanto visto finora a volte funzionano e a volte disperdono inutilmente una tensione drammatica accumulata a fatica. Eppure, fatta nostra questa riserva, alla fine della visione ci è rimasta la curiosità di come si evolverà, per esempio, il ruolo di un rappresentante del Lato Oscuro quanto mai “dilaniato” e persino un po’ complessato, oseremmo dire, come il Kylo Ren impersonato da Adam Driver senza celare imbarazzi post-adolescenziali; per non parlare poi dello Stormtrooper col senso di colpa, Finn, figura poco convenzionale cui il colored John Boyega conferisce tratti di umanità non disprezzabili. Niente catastrofismi, quindi, ma un moderato ottimismo, in attesa di scoprire cosa ci riserverà il futuro di questa nuova, ancora informe trilogia.
Stefano Coccia