Tutti hanno un’anima
E’ curiosa quanto sorprendente la scelta della quindicesima edizione della Festa del Cinema di Roma di aprire la rassegna scegliendo un cartone animato. Anche se, parlandone in questo modo, potrebbe sembrare estremamente riduttivo. Invece Soul tutto è meno che un film da sottostimare; anzi, com’è consuetudine della Pixar, l’animazione offerta dagli studios capitanati da Pete Docter, regista anche in quest’occasione, ci consegna spunti importanti che consentono una riflessione generale della vita umana, a prescindere se si è grandi o piccini. Soul, come si evince dal titolo stesso, tocca un argomento molto sensibile e interiore come l’anima umana, facendolo con la classica leggerezza e con toni ironici, raggiungendo a tratti una serietà invidiabile. Una questione del quale la Pixar ci ha abituati abbastanza bene; basti pensare a Inside Out.
Il film si concentra sul personaggio Joe Gadner, afroamericano di mezz’età, doppiato dall’attore Premio Oscar Jamie Fox, non molto felice della vita vissuta fino al momento in cui facciamo la sua conoscenza. Un’esistenza costruita sul grande sogno di suonare jazz per grandi platee come suo padre prima di lui. Mancano però le occasioni, almeno fino ad una chiamata fortuita che apre la tanto agognata porta verso il successo tanto attesa dal protagonista. Travolto dalla troppa eccitazione, egli rimane vittima di un grave incidente che lo trascina in uno status a metà tra la vita e la morte. Anche il pubblico viene teletrasportato in questa dimensione fittizia abitata da anime. L’anima di Gardner finisce in quello che volgarmente Dante definiva come il purgatorio ma che Docter ha ribattezzato L’”Io seminario”. Inizierà quindi il percorso dell’anima di Gardner nel tentativo di tornare indietro nel suo corpo (finito in coma) per poter suonare all’evento tanto desiderato. Nella dimensione post mortem gli viene però assegnata un’anima alla quale dovrà fungere da mentore per prepararla alla vita. L’Anima numero 22, doppiata da Tina Fey, con cui Gardner stringerà un forte legame e vivrà un’avventura pazzesca finendo addirittura lui nel corpo di un gatto e lei nel suo corpo umano. Seppur la trama ricalca quella di un classico cartoon per bambini, lo stile narrazione attrae il pubblico che inizierà a vivere un viaggio interiore simile a quello vissuto dai protagonisti. Tra situazioni paradossalmente ilari e momenti di riflessione profondi, Soul proporrà l’intento di provare a farci capire il senso della vita. Il lungometraggio offre anche un’opportunità per capire se la vita che stiamo facendo sia quella che veramente vogliamo. E che lo sia o non lo sia, ci insegna ad assaporarne comunque ogni singolo istante visto che la sottile linea tra l’al di qua e l’al di là può essere attraversata all’improvviso in tanti modi di cui non siamo a conoscenza. Per la Pixar questi viaggi interiori sono una specialità. E’ impossibile non notare tratti che gli studios animati hanno adagiato in alcuni dei loro grandi capolavori. I disegni poi riportano alla quadrilogia di Toy Story con Gardner che è molto somigliante ad alcuni dei personaggi ammirati nella serie di film sui giocattoli. L’espressività di Gardner dimostra come anche i disegni di un cartone animato, inseriti all’interno di un computer, si avvicinino tremendamente alla realtà. Joe Gardner è l’uomo che tutti noi vorremmo conoscere, col quale a tutti noi farebbe bene parlare, del quale ognuno di noi vorrebbe diventarne amico. Soul offre quindi un momento di cinema composto di leggerezza e serietà che si candida a riportare la Pixar ai piani alti dell’Academy (Docter ha vinto già due Oscar grazie ad Up e Inside Out). Data la genesi che avrà il film, potrebbe essere la prima candidatura all’Academy Award per un film che andrà su Disney+. Per Soul era prevista una parentesi nelle sale americane e italiane ma la pandemia ha costretto la Pixar a rivedere i piani, costringendoli a far slittare il film sulla piattaforma streaming nel periodo natalizio. Sarà quindi l’occasione da cogliere per guardare un’opera al culmine della quale inizieremo a chiederci: è questa la vita che vogliamo? E’ questa la vita che sognavamo davvero?
Stefano Berardo