Ti cerco nei miei sogni
Dopo la première al Tallinn Black Nights Film Festival 2021, Songs for a Fox di Kristijonas Vildziunas è stato presentato in concorso alla prima edizione di Sognielettrici. La neonata kermesse milanese ha ospitato nel cartellone della giornata inaugurale il quinto lungometraggio del regista lituano, un tempo membro della popolare band Šiaurės Kryptis. Non è un caso dunque che la musica rivesta un ruolo centrale in una pellicola che ha come protagonista un cantante rock ventenne di nome Dainius in lutto per la morte della compagna, che si rinchiude in solitudine in un’appartata casa di campagna a forma di cupola, immersa nella natura. Musica che è ovviamente presente anche nelle note della colonna sonora di Zigmantas Butautis e nel cast, nel quale figurano tra gli altri il polistrumentista Saulius Bareikis.
In questa fiaba desolata sul potere salvifico dei sogni, che tratta anche il tema dell’elaborazione del lutto, il protagonista interpretato da un convincente Lukas Malinauskas si trova sperduto in un mondo onirico fatto di ricordi e simboli ancestrali. Songs for a Fox a sua volta si muove tra realtà e sogno, con il secondo dei due piani che finisce con il prendere il sopravvento e accompagnare lo spettatore di turno verso il crescendo visionario del finale. Prima e nel mezzo un approccio narrativo che predilige la contemplazione, con un ritmo dilatato e dei longtake che creano un confine narrativo e stilistico tra un prima e un dopo. Ed è quel dopo che risolleva, seppur in parte, le sorti di un’opera che altrimenti sarebbe diventato un banco di prova ancora più ostico con il quale fare i conti. La lentezza al limite dell’esasperazione che caratterizza gran parte del racconto affatica e appesantisce non poco la fruizione, con le pregevoli soluzioni estetico-formali come l’inquadratura zenitale con rotazione circolare sul tetto della cupola che catturano l’occhio ma che non sono sufficienti a riportare a rendere meno soporifera la visione.
A dare una scossa ci pensa il secondo atto, quando Vildziunas cambia marcia e con essa registro e ritmo, scaraventando il protagonista e di riflesso gli spettatori al seguito in un incubo che assomiglia a un girone dantesco, tra banchetti di matrimonio a base di carne umana, trip con funghi allucinogeni e antichi rituali macabri in stile folk horror con la mente che torna a Midsommar. Un tour infernale nel quale Dainius proverà a riportare a casa, anche solo spiritualmente la sua amata Justine (Agnese Cīrule). Nota di merito per la fotografia di Jurgis Kmins e per le scenografie di Jurgis Krāsons che contribuiscono a creare dei “set onirici” intorno alle paludi e ai boschi che circondano la casa di campagna, location principale del film.
Francesco Del Grosso