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Someone to Talk to

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VOTO: 6.5

Le parole di un matrimonio

Al Far East Film Festival 2017 di Udine è stato presentato nella sua première italiana il film di debutto di Liu Yulin, promettente regista cinese diplomatasi alla prestigiosa Tisch University di New York (basta scorrere la pagina Wikipedia dedicata agli studenti passati e presenti di quest’accademia per coglierne il prestigio). Someone to Talk to, distribuito nel 2016, è un delicato dramma contaminato da elementi comici e romantici, tratto da Liu Yulin a partire dalla sceneggiatura di suo padre Liu Zhenyun, che a sua volta si è basato sul proprio apprezzato romanzo “A Word Is Worth Ten Thousand Words” (一句顶一万句).
Al centro della vicenda Niu Aguo e Pang Lina, una coppia sposata da dieci anni, che dopo l’entusiasmo dei primi tempi (nel prologo del film i due si presentano entusiasti a richiedere un certificato di matrimonio) si trova nella più tipica delle crisi matrimoniali: non hanno nulla da dirsi, e conseguentemente si stanno allontanando l’uno dall’altro, emotivamente e fisicamente, tanto che la moglie ha iniziato una relazione con un altro uomo. I due hanno una simpatica ed estroversa figlia, mentre la sorella dell’uomo, ormai superata la quarantina, sta disperatamente cercando un marito, rivolgendosi ad una squallida agenzia di appuntamenti. Tutto questo nella comunità ristretta di Yanjin, nell’Henan, dove le voci girano velocemente e la reputazione può venir presto sgretolata dalle dicerie sui propri fallimenti personali. Il film è un’ottima rappresentazione di tutta una serie di tradizioni e principi tipicamente cinesi, e le regole che costringono i protagonisti nelle loro azioni creano una serie di sfide difficilmente risolvibili, come quando il pavido marito si ritrova davanti alla scelta quasi obbligata di uccidere la moglie fedifraga e il suo amante. Il marito è il centro della narrazione per buona parte del film, con le sue insicurezze e i suoi egoismi da uomo frustrato, tanto che la figura della moglie rischia di rimanere decentrata, finché non le è permesso di esprimersi in alcune scene che la rivelano sì traditrice, ma per un comprensibile desiderio di felicità: con il suo amante riesce a parlare in una notte tanto quanto ha fatto nell’ultimo anno con il marito. I momenti di sollievo comico sono affidati principalmente alla figlia e allo chef del paese, forse non molto sveglio ma sicuramente limpidamente buono. Lo chef sposa la sorella del protagonista, certo non per un genuino sentimento d’amore da parte di nessuno dei due, ma perché la loro necessità di sposarsi si fa sempre più impellente. Dopo che la moglie scappa addirittura per la seconda volta con il propri amante, Niu Aguo si trova costretto a cercarli, spinto anche dalla moglie dell’amante, che complica tutta la situazione con un tentativo di suicidio. Niu Aguo preferisce limitarsi a fingere di cercare i due traditori, semplicemente allontanandosi dal paese per un certo periodo. Questo intreccio di tradimenti e egoismi viene messo in prospettiva dall’improvvisa malattia della figlia, che avviene in contemporanea con la risoluzione finale del conflitto tra marito e moglie.
Il centro tematico del film è la necessità di trovare qualcuno con poter condividere la propria vita e i propri pensieri, quel “qualcuno con cui parlare” del titolo, ma la solitudine di chi ha perso ogni comunicazione con il proprio compagno di vita è più raccontato a voce che mostrato. Le troppe scene in cui qualcuno sottolinea quanto sia difficile non avere qualcuno con cui parlare non aiutano a rendere più convincente il tema del film e il senso di malessere esistenziale che esso comporta, motivo per cui Someone to talk to non raggiunge mai un vero coinvolgimento emotivo con lo spettatore – non basta far ripetere ai propri personaggi come si sentono per assicurarsi che chi guarda provi empatia verso quei personaggi. Dal punto di vista puramente drammatico, quindi, il film non è troppo convincente, mentre lo è nel dipingere un complicato quadro familiare. Il finale trascinato, poi, in alcuni punti scade troppo facilmente nel melodramma, caricandosi di patetismi fuori proporzione rispetto all’approccio neutro di buona parte del film, in cui i drammi familiari erano più un problema da risolvere secondo certe modalità che un vero sconvolgimento emotivo. Someone to Talk to rimane comunque godibilissimo, e registicamente presenta una pulizia stilistica ammirevole in un film di debutto, il che fa pensar bene per il futuro di Liu Yulin, presente a Udine in platea durante la proiezione.

Riccardo Basso

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