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Slumber – Il demone del sonno

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VOTO: 5

Nessun dorma

Un horror al risparmio. Nel senso che del demone citato nel titolazione italiana di Slumber (letteralmente sonno) non c’è traccia fisica, venendo la sua presenza evocata solo attraverso la comparsa di una nube nerastra. Benissimo. Sarebbe allora lecito presumere che il lungometraggio d’esordio di Jonathan Hopkins – per l’appunto intitolato qui da noi Slumber – Il demone del sonno – lavori su angosce sottili, prive dell’ausilio di roboanti effetti speciali ma capaci di rendere attivo l’incubo anche al di qua dello schermo. Valutazione sbagliata. Poiché il filmetto imbrocca sì una buona idea di partenza ma la sviluppa senza il benché minimo approfondimento, anzi adagiandosi pigramente sui vari, sin troppo numerosi, cliché del genere.
Nel plot troviamo la dottoressa Alice Arnolds, psicologa specialista in disturbi del sonno, alla prese con un caso a dir poco di difficile interpretazione, quello di una famiglia vittima di un recente tragico lutto nella quale tutti e quattro i membri (padre, madre e i due figlioletti) soffrono di serissimi disturbi notturni, praticamente all’unisono. Se ci aggiungiamo che pure la nostra dottoressa (interpretata dalla bella e giustamente accigliata Maggie Q, che non definiremmo però convincente nella performance) ha avuto i suoi bravi traumi infantili, il quadro appare completo per sfornare l’ennesimo orrorino destinato ad un pubblico giovanile tutto fumo e poco arrosto. Il rimpianto aumenta quando si va ad esaminare con una certa attenzione la bontà dello spunto di partenza: quello di un’entità malvagia che va a colpire il pilastro fondante della società – la famiglia – “incistandosi” nel dolore della stessa e isolando nottetempo i vari componenti non sarà un’istanza originalissima, ma qualcosa di buono pareva promettere. Al contrario Slumber latita proprio, per evidente mancanza di talento sia registico che di scrittura, sul versante dello sviluppo di ciò: poco o nulla viene raccontato della famiglia in questione, mentre le motivazioni del demone non esulano nemmeno per un istante dalla routine che prevede il suo nutrimento rispetto alla paura altrui. Senza scomodare sua maestà Freddy Krueger, una motivazione maggiormente inquietante sarebbe stata di certo auspicabile. Il risultato è dunque un horror privo di orrore, che incappa in incidenti di percorso narrativo piuttosto grossolani – la dottoressa che consulta spesso wikipedia, il solito “grillo parlante” inserito a sproposito in un determinato momento della diegesi per fornire delucidazioni sulla vicenda – facendo scivolare talvolta il film sul crinale del comico involontario. Con tutta probabilità una maggiore consapevolezza di fondo avrebbe potuto fare di Slumber una rivisitazione ironica di family-horror del passato in stile Poltergeist o magari del più recente Dark Skies (2013) di Scott Stewart, sostituendo agli alieni queste presenze ultra-terrene in grado di agire su paure nemmeno troppo recondite come lutti e disoccupazione. Purtroppo in Slumber le buone intenzioni si limitano alla fase embrionale, scegliendo la strada meno rischiosa del prodotto omogeneizzato adatto a qualsiasi palato non troppo esigente.
Nel sacro nome di un, magari misero, riscontro al botteghino, si continua dunque a sfruttare un genere senza la minima volontà di apporre una tassello innovativo, di quelli capaci di elevare un prodotto sulla carta di serie B ad un rango superiore. Slumber finisce così con il vivacchiare in una sorta di limbo derivativo che, a lungo andare, decreterà la fine del suddetto, perlomeno negli ambiti del circuito commerciale. E troppi elementi, guardando l’orizzonte a trecentosessanta gradi, stanno concorrendo a far sì che ciò accada in tempi spaventosamente (quello sì…) rapidi.

Daniele De Angelis

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