Le bolle magiche
Nel suo lungo e fortunato percorso festivaliero per Sir, il cortometraggio scritto e diretto da Maurizio Ravallese, è venuto il momento di fare tappa nel cuore della Maremma, per la precisione al Saturnia Film Festival, la prestigiosa vetrina dedicata alla produzione breve che lo ha selezionato nel fuori concorso della sua sesta edizione. Qui, come nelle altre manifestazioni alle quali ha preso parte, la nuova fatica dietro la macchina da presa del regista romano, già autore di Miracolo in periferia, La terra degli sconfitti e Il vestito, ha potuto mettere in mostra quelle che sono le sue qualità, a cominciare da quelle tecniche. La fotografia cinematografica, la regia che denota una grandissima attenzione tanto per la componente estetico-formale quanto per la direzione degli attori, il sound design immersivo e il montaggio che restituisce sempre il giusto respiro alla narrazione, rappresentano i punti fermi di una confezione visivamente d’impatto.
Una confezione però che non ruba solo l’occhio dello spettatore di turno, ma che si fa contenitore di una storia drammaturgicamente dal forte peso specifico. Sir, come il nome del protagonista della vicenda narrata, ci porta al seguito di un curatore di anime col potere di scacciare il male fisico e morale che deve fare i conti con la peggiore delle maledizioni, vale a dire quella di non riuscire a guarire la moglie malata. La figlia per questo lo odia, mentre la nipotina Gaia ne ammira le doti taumaturgiche e non è per niente intenzionata ad arrendersi. La speranza della piccola è apprendere l’arte di Sir e salvare la nonna col più innocente dei medicamenti: delle bolle di sapone.
Il corto scritto e diretto dal cineasta capitolino si fa dunque carico di un tema delicato quanto complesso, vale a dire quello dei miracoli. Nello specifico, il protagonista possiede il cosiddetto “dono dell’illuminazione diagnostica”, una capacità di identificare con precisione una malattia, suggerendone la cura o portandovi rimedio. Ma l’uomo patisce “la maledizione del guaritore”: non riesce a sfruttare il suo potere miracoloso per curare i congiunti, cosa che invece gli riesce con estranei e persone poco raccomandabili. Ruota intorno a questo fortissimo conflitto e alle sue conseguenze a livello umano e familiare il baricentro drammaturgico di un’opera che si muove tra il religioso e il terreno, immergendo storia e personaggi in una sorta di realismo magico che si alimenta di simboli, rituali e feticci, ma anche di sentimenti ed emozioni cangianti dell’essere umano. Come per la Annie Wilson di The Gift di Sam Raimi il potere nelle mani del personaggio principale rappresenta tanto un dono quanto una maledizione. Il tumulto e il caos interiore che ciò provoca nell’uomo, padre e marito, è l’emozione che scorre interrottamente dal primo all’ultimo fotogramma utile. Efficacissimo in tal senso Christian Iansante nel calarsi nei panni scomodi di Sir, capace di esprimere con la perfomance corporea e non solo orale, lui che con la voce è abituato da anni a lavorare come doppiatore, tutto il dolore, la sofferenza, i dubbi e il senso di colpa del personaggio che gli è stato affidato.
Francesco Del Grosso