Un racconto con una «moltitudine di punti di vista»
Sky Original continua a proporre dei prodotti ad hoc e dal 7 giugno, in prima assoluta su Sky Cinema e NOW, è in programmazione Security, per la regia di Peter Chelsom (tra i suoi titoli più noti troviamo Serendipity, Shall We Dance?, Hannah Montana), ispirato all’omonimo romanzo di Stephen Amidon (pubblicato in Italia da Mondadori), già acclamato autore de “Il capitale umano”.
Si tratta del primo thriller Sky Original e questo è un aspetto che è stato evidenziato più volte durante l’incontro stampa: «era importante portare in tv questo genere con un film sofisticato e che trattasse tematiche quali la sicurezza e quanto siamo disposti a pagare per ottenerla. In più ha un respiro internazionale, a partire dal romanzo da cui è tratto per arrivare alla regia di Peter Chelsom», ha dichiarato Margherita Amedei, senior director di Sky Cinema.
Security: location
L’ambientazione originale – Forte dei Marmi d’inverno – accompagna lo spettatore attraverso una vicenda che mette in scena le debolezze umane, ma anche la forza della verità, che può emergere solo quando la si cerca con vera determinazione
Security: il cast artistico e tecnico
Il film è interpretato da Marco D’Amore che ne è protagonista accanto a Maya Sansa, Silvio Muccino, Valeria Bilello, Ludovica Martino, Giulio Pranno, Tommaso Ragno, Beatrice Grannò, Antonio Zavatteri e con la partecipazione di Fabrizio Bentivoglio.
Peter Chelsom si è avvalso anche della collaborazione del direttore della fotografia Mauro Fiore, vincitore del Premio Oscar nel 2010 per Avatar.
Security è una produzione Indiana Production e Vision Distribution. Ne sono produttori Marco Cohen, Benedetto Habib, Fabrizio Donvito, Daniel Campos Pavoncelli.
Abbiamo avuto modo di prendere parte all’incontro stampa dove sono stati approfonditi temi e personaggi.
Security: la parola ai protagonisti
Peter Chelsom: «Per me è un sogno che si realizza. Avevo provato ben tre volte a realizzare un film in Italia, ho casa dall’altra parte delle Alpi Apuane. Avevo dei timori, ma lavorare con attori italiani è stato fantastico, sono stati tutti bravissimi. Avevamo una lingua in comune, quella del cinema. La mia co-sceneggiatrice, Tinker Lindsay, e io abbiamo letto il libro e abbiamo deciso di adattarlo per il cinema. Abbiamo creato un protagonista, Roberto (Marco D’Amore), attraverso cui far vedere al pubblico la storia. I temi sono universali. Abbiamo scelto Forte dei Marmi come location perché c’è un contrasto tra l’estate dove c’è moltissima gente e l’inverno. È un posto in cui ci si sente molto al sicuro e non ci si aspetta una storia così, inoltre è fotogenica coi suoi paesaggi, è come entrare in una cartolina. Cerco sempre di creare un’altra realtà nei miei film, fuori dalla banalità del quotidiano, fra sogno e incubo.
Si tratta sempre di scrivere e dirigere. Non è come se indossassi un cappello diverso a seconda che diriga un thriller o una commedia romantica. Provo a rendere i film accattivanti, cinematografici. Ognuno di essi ha la propria realtà. Io mi innamoro di una storia, lavoro in modo ossessivo per ottenere il meglio. Vorrei ogni volta regalare una speranza – penso che sia questo ciò che lega tutti i miei film».
Marco D’Amore: «Roberto si muove nella semioscurità, è un essere notturno, a cui è stato stato sottratto il sonno, ‘balsamo dei giusti’. Cerca di attraversare questa oscurità per trovare anche se stesso, oltre alla verità delle cose. Il doppio gioco di inquadrature ha reso la lavorazione molto interessante anche per noi. Le visione attraverso le telecamere di sicurezza aggiunge un filtro, come lo sono altri, da quello narrativo del regista a quello emotivo, per vedere la realtà. Nel racconto ci sono, quindi, una moltitudine di punti di vista, lasciando la possibilità al pubblico di concludere il percorso in autonomia, stimolando il suo spirito critico. Security lascia interrogativi e non risponde alla domanda che pone fin dal romanzo: quanto sei disposto a pagare per essere al sicuro?». L’interprete, fattosi conoscere al grande pubblico con Gomorra, ha tenuto ad aggiungere «Con grande rispetto sacro per l’attore, non mi importano i personaggi, ma molto di più le storie. Mi sono messo al servizio di Peter Chelsom, cercando di carpire il più possibile da un regista che reputo un maestro. Mi auguro sempre di essere indipendente nelle scelte e se necessario scrivere o produrre o dirigere. Mi sto allenando a fare vari ‘sport’ insieme, un decathlon artistico».

Maya Sansa: «È abbastanza possessiva, determinata, iperprotettiva, determinata, adora la figlia ed è pronta a fare qualsiasi cosa per proteggere la famiglia e il suo paese, finendo così in una zona d’ombra. Per fare del bene, ma con arroganza, complicherà la risoluzione dell’intrigo. I personaggi ambigui, con grandi zone d’ombra, sono quelli più intriganti per noi attori, anche se non sono semplici da incarnare se non li capisci e non gli vuoi almeno un po’ di bene. Spesso siamo convinti di fare del bene alle persone che amiamo, in realtà feriamo gli altri, commettiamo atti di grande ingiustizia. Claudia è donna, madre, moglie, futuro sindaco e si sente legittimata in tutto, è convinta di sapere cosa sia giusto e agisce senza guardare in faccia a nessuno. Questo è un problema attuale. Io vivo a Parigi, negli ultimi anni, ad esempio, con l’emergenza terrorismo nel mio quartiere hanno iniziato a girare delle pattuglie di soldati e i nostri bambini sono cresciuti in modo diverso rispetto alla mia generazione. Per me questa sicurezza eccessiva e formale è deleteria; credo invece che l’unica soluzione sia legata all’incontro, alla curiosità e al rispetto dell’altro e delle diverse culture».
Ludovica Martino: «Credo che ogni personaggio di questo film sia un po’ ambiguo a proprio modo, compresa Angela, che potrebbe sembrare molto pura ed eterea, in realtà tira fuori una vita nascosta e cerca di scappare dagli standard della propria famiglia. Per questo è stato interessante interpretarla. Mi sono trovata in mezzo a un cast pazzesco e sono stata onorata di lavorare con Peter».
Silvio Muccino: «Dimenticatevi il John Keating de L’attimo fuggente. Il mio personaggio è un narcisista, più innamorato di se stesso che degli altri. Se Roberto indaga la verità con l’oggettività, Stefano crede fermamente che la verità si plasma e si può vendere al migliore offerente. Tra protezione ed esposizione sui social, rischiamo di essere controllati dai muri che vogliamo alzare».

Fabrizio Bentivoglio: «I cattivi sono i personaggi migliori da interpretare. Nel film di Chelsom si indaga nel profondo di una questione diventata importantissima, in questo ultimo periodo, ovvero la sicurezza. Quanto vale la pena di sacrificare le nostre vite, per restare sicuri?».
Tommaso Ragno: «Su questo set ho ritrovato delle persone con cui ho condiviso dei progetti importanti, come Marco D’Amore. Questo personaggio è come se fosse un mio familiare, si svela attraverso la percezione che gli altri hanno di lui. È stato importante fare tesoro di ogni giorno sul set perchè ho avuto la fortuna di girare con Peter che mi ha sollecitato a tirare fuori delle cose che non sapevo se sarei stato in grado di fare. Più credi di essere al sicuro e meno lo sei. Citando Blow-Up di Michelangelo Antonioni: più ti avvicini alla verità e più ti sfugge. È sempre necessaria una giusta distanza. Senza dimenticare che questi tempi, in cui tutto viene condiviso e postato, hanno tolto un po’ di mistero».

Valeria Bilello: «È una mamma bambina, immatura, che lascia correre tante cose e si ritrova in una situazione complessa con suo figlio Dario. Ha tanti aspetti non risolti legati alla vita adolescenziale come la storia con Roberto, che poi ritornano nel presente, magari per restare».
Maria Lucia Tangorra