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Sconnessi

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VOTO: 6

Non c’è campo, proviamo col controcampo

Film d’esordio dell’attore romano Christian Marazziti, Sconnessi non riesce (o non prova nemmeno, più che altro) a porre in discussione i limiti di un linguaggio paratelevisivo, ma a forza di gag qualche risultato lo ottiene comunque: ad esempio sondare un terreno estremamente attuale, come quello rappresentato dalla paura di non essere più connessi coi tanti mondi virtuali da cui siamo ormai fagocitati. A partire ovviamente dai social network. Personaggi che si ritrovano all’improvviso sconnessi da internet. Ma che in fondo erano già sconnessi dalla realtà…
Di recente è stato introdotto anche un nome per quest’ansia sempre più diffusa: nomofobia. E per prendere bonariamente in giro la perniciosa tendenza Marazziti ha scelto una location particolare, a suo modo evocativa, ovvero uno chalet di montagna che sembra uscito fuori da qualche cinepanettone alla Vacanze di Natale, ma che nella circostanza appare come meta rituale di una famiglia allargata molto in linea coi tempi, abituata a riunirsi lì ogni anno per la settimana bianca. Non senza problemi. Già, perché i suoi componenti non potrebbero essere peggio assortiti! Tanto per cominciare gli sforzi del capofamiglia, impersonato da un Fabrizio Bentivoglio strepitoso anche nei panni dell’intellettuale ampolloso e mellifluo, si riveleranno vani, allorché si tratterà di proporre un ritorno all’antico, causando (con un espediente cui non si farà qui riferimento, per non rovinare la sorpresa) il temporaneo allontanamento di tutto il parentado dalla schiavitù di telefonini, chat, applicazioni e siti internet. Il raggiungimento dell’obiettivo, come è facile immaginare, sarà però funestato da non pochi imprevisti.

Se da un lato la vis comica di Sconnessi colpisce nel segno, aprendo a suon di risate un sentiero nuovo su tic e paranoie che si stanno diffondendo a macchia d’olio, la narrazione non sempre scorre come dovrebbe, per via di una sceneggiatura dallo spessore discontinuo. Battute folgoranti si alternano ad altre decisamente più scontate. Ma più che altro non si assiste a quella crescita dei personaggi, che caratterizzava per esempio Come un gatto in tangenziale: nell’ottima, amarognola commedia con protagonisti Albanese e la Cortellesi, l’evolversi dei contrasti caratteriali adombrava, con maggior acume, una conflittualità sociale più stratificata. Qui con i battibecchi tra il pomposo scrittore Ettore a.k.a Fabrizio Bentivoglio e i parenti acquisiti, tamarri come pochi, si tenta una strada simile, restando però ancorati al macchiettistico. La buona prova del cast, tra cui si distinguono l’inossidabile Ricky Memphis, Maurizio Mattioli, Antonia Liskova e sopratutto Stefano Fresi, rende ad ogni modo l’operazione godibile. Ci si può quindi accontentare e sorridere delle disavventure toccate in sorte ai così maldestri protagonisti.

Stefano Coccia

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