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Saturday Church

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VOTO: 6

Essere se stessi

Saturday Church, opera prima in odor di autobiografia dello statunitense Damon Cardasis, è un film che tutti dovrebbero vedere. Perché racconta della difficoltà estrema di vivere liberamente la propria (omo)sessualità. Probabilmente proprio per questo motivo Cardasis ha cercato di mantenere la storia da lui raccontata sui binari di una certa qual prevedibilità, pensando fosse il caso di far arrivare il messaggio di tolleranza veicolato dal lungometraggio a quante più persone possibile. E sicuramente c’è riuscito, anche a costo di destare più di qualche perplessità per un uso sin troppo insistito di determinate figure retoriche.
Ancora una volta, nell’ambito della dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma – dove Saturday Church è stato coraggiosamente inserito, Fuori Concorso, nella sezione parallela ed autonoma Alice nella Città, per l’appunto riservata ad un pubblico giovane – ci troviamo di fronte ad un coming of age. L’adolescente afroamericano Ulysses (nomen omen) ha appena perso il padre in uno dei tanti conflitti combattuti dagli U.S.A. in giro per il mondo. La madre è infermiera, costretta a turni massacranti in ospedale. Così, lui e il fratellino Abe vengono affidate alle cure – si fa per dire – dell’arcigna zia Rose. Le pulsioni omosessuali di Ulysses si fanno sempre più evidenti, causandogli emarginazione scolastica e persino la diffidenza del fratello minore. Oltre alla reazione spropositata di zia Rose, fermamente convinta che certe tendenze vadano punite in modo esemplare e nei tempi giusti. L’incontro con un gruppo di prostitute, anche transessuali, aiuterà il ragazzo a comprendere la necessità di affermare la propria identità.
Nulla di nuovo, dunque, sul piano narrativo. Gli unici soprassalti stilistici Cardasis li riserva ai sogni musicali ad occhi aperti del giovane Ulysses, il quale in tal modo vorrebbe rappresentare il proprio mondo ideale, peraltro con un espediente narrativo-formale molto simile a quello adottato dal nostro Ivan Cotroneo nel suo recente Un bacio. Forse si tratta solo di una coincidenza; certo però che la tematica è assai simile. Rispetto al collega italiano, Cardasis riesce comunque a tenere a freno l’ansia di sottolineare la bruttezza del mondo circostante nonché la conseguente impossibilità di concretizzare i desideri più intimi. L’aspirazione di Ulysses (interpretato in modo non molto convincente, al pari del resto del cast, dal giovanissimo Luka Kain) è quella di vivere una vita normale priva di ipocrisie, nella totale libertà di amare ed essere riamato. Un messaggio altamente condivisibile che arriva però un po’ annacquato da un certo didascalismo di fondo scaturito, in primo luogo, da uno script che non si premura di fornire un’autentica tridimensionalità all’intero gruppo di personaggi messi in scena. Su tutti spicca in negativo una zia Rose talmente ottusa nella sua inspiegata crociata anti-gay da sembrare alla fine semplicemente poco credibile.
Così Saturday Church – il titolo deriva dall’organizzazione religiosa che regala conforto al gruppo di bisognosi del quale entra a far parte il protagonista – appare quasi una sorta di compito scolastico ben fatto ma senza anima, latitando quel pathos che al contrario sarebbe stato indispensabile per far salire di livello l’esordio di Cardasis. Accontentiamoci allora del valore, tutt’altro che trascurabile, pedagogico di un’opera come questa. Se i discorsi sulle incomprensioni famigliari, il bullismo scolastico e in generale l’incapacità di provare un sentimento di solidarietà nei confronti di coloro che si sentono “corpi estranei” in ambito sociale, verranno recepiti da una, più o meno vasta, platea di ragazzi allora il film di Cardasis avrà pienamente adempiuto al proprio obiettivo. Se poi questo avverrà – nella speranza che sia veramente così – senza la spinta di un cinema indimenticabile, potremo sempre dire che il fine giustifica qualsiasi mezzo. Persino quello di aver realizzato un piccolo film altrimenti destinato, sfrondandolo del suo importante contenuto, al dimenticatoio per eccesso di pavidità nel prendere di petto la tematica principale.

Daniele De Angelis

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