Scacco matto!
Lo shogi è una variante giapponese degli scacchi. Anch’esso richiede massima concentrazione ed anni ed anni di studi. Così come per gli scacchi, i campioni di shogi sono soliti dedicare la loro vita per intero a tale gioco. Uno di loro, il giapponese Satoshi Murayama è di diritto diventato leggenda. Per il suo straordinario talento, per la sua abnegazione ed anche per la sua morte prematura, a soli ventinove anni, nel 1998. Al punto da spingere il regista giapponese Mori Yoshitaka a girare un biopic su di lui, Satoshi: A Move for Tomorrow, presentato in anteprima alla diciannovesima edizione del Far East Film Festival.
Il giovane Satoshi è da sempre cagionevole di salute: i suoi reni non hanno mai funzionato come si deve e fin da bambino è costretto a sottoporsi a pesanti cure. Il suo stato di salute ed il fatto di dover trascorrere molte giornate a letto, però, faranno nascere in lui la passione per lo shogi. Una passione talmente forte da farlo diventare, a soli ventiquattro anni, un grande campione, il cui principale obiettivo sarà battere il freddo e calcolatore Habu, il suo più temuto avversario.
Indubbiamente una figura come quella di Satoshi Murayama può far gola a parecchi cineasti. Il difficile, poi, viene nel momento in cui – nel raccontare la sua breve vita – bisogna evitare ogni pericoloso, ma rischioso cliché. A tal proposito, però, bisogna ammettere che Mori Yoshitaka è stato in grado di dar vita ad un lungometraggio più che dignitoso, senza particolari sbavature e che – nell’ambito di una messa in scena di impronta quasi occidentale – ha saputo rendere giustizia al gioco dello shogi stesso ed a tutti i relativi rituali. Ed ecco che plongés inquadranti il tavolo da gioco, dettagli sulle mani dei personaggi che muovono le pedine ed i rumori delle stesse che vengono spostate sul tavolo – secchi, pieni, che regalano quasi un senso di profonda soddisfazione – diventano i grandi protagonisti dei momenti in cui Satoshi è intento a sfidare i suoi avversari. Momenti di puro cinema in cui la parola lascia esclusivamente lo spazio alle immagini. Tutto il resto è superfluo. Ed ecco che la tensione dei giocatori diventa anche la nostra tensione, la loro concentrazione diventa la nostra concentrazione, quasi come se anche noi stessimo prendendo parte al gioco.
Il Satoshi di Mori Yoshitaka – interpretato dal bravo Kenichi Matsuyama, che per l’occasione è dovuto ingrassare di ben venticinque chili – è, dal canto suo, un ragazzone timido e trasandato, appassionato di graphic novels e completamente dedito al gioco dello shogi, per il quale arriverà anche a trascurare la propria salute. Un ragazzo a cui è impossibile non voler bene, molto amato dalla propria famiglia e dagli amici e che coltiva il sogno nel cassetto di potersi, in un futuro che, come egli stesso sa bene, non arriverà mai, sposare ed innamorare. Di sicuro, un personaggio che non si dimentica facilmente e che fa sì che Satoshi: A Move for Tomorrow possa quasi considerarsi il film di Kenichi Matsuyama, data, appunto, la sua straordinaria prova d’attore.
Che questo ultimo lavoro di Mori Yoshitaka sia, dunque, un prodotto più che dignitoso, non v’è alcun dubbio. Una domanda, però, sorge spontanea: di quanto sarebbe potuto aumentare il gradimento, da parte del pubblico, se fossero ben note le regole dello shogi?
Marina Pavido
un ottimo film, un peccato che lui è morto cosi giovane, suo maestro è ancora in vita. Se qualcuno vuole conoscere e imparare lo shogi, potete visitare o iscriversi nella federazione italiana di shogi http://www.federazioneitalianadishogi.it