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Santa & Andrés

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VOTO: 6.5

C’è del marcio a Cuba

Sapevamo che nella Cuba castrista, pur idealizzata da intellettuali di sinistra in tutto il mondo, non si rispettavano i diritti delle persone omosessuali, e sapevamo anche che i dissidenti, soprattutto intellettuali, scrittori, non avevano vita facile, e spesso subivano detenzione o arresti domiciliari. A rompere il velo dell’ipocrisia, di chi pensava che l’isola caraibica dopo la rivoluzione del 1959 fosse il migliore dei mondi possibili, è stato anche il cinema, con il film Prima che sia notte (2000) di Julian Schnabel, la storia di Reinaldo Arenas, scrittore omosessuale perseguitato dalle autorità castriste.
Il conflitto tra chi esaltava Cuba come baluardo contro l’egemonia imperialista yankee, e chi ne vedeva invece i diritti umani violati, si trasferisce all’interno del paese e coinvolge due persone comuni. Siamo nel 1983, in un piccolo villaggio, in una zona collinare dell’isola. Andrés è uno scrittore omosessuale che viene confinato dalle autorità in una catapecchia isolata e sperduta. Tanto sperduta che nella casa viene a mancare perfino lo zucchero, che è il prodotto principale cubano. Manca tutto, c’è solo una radio con cui ascoltare musica in cassetta. A controllare che non reiteri le sue attività socialmente pericolose, vale a dire che scriva un nuovo romanzo, viene mandata una donna del luogo, Santa, incaricata di sorvegliarlo con il suo sguardo vigile, minuto per minuto. Santa rientra in una sorta di collettivizzazione dei servizi di polizia nel paese socialista: tutti sono chiamati a contribuire al funzionamento dello stato, nei ruoli più svariati. Santa è una donna semplice, una donna non particolarmente bella, dai lineamenti aspri, una contadina che parla con le sue mucche. È una persona senza cultura che ha subito gli ideali rivoluzionari acriticamente, e che – e forse è per quello che è stata assegnata a quell’incarico – non può evidentemente comprendere la potenzialità eversiva di un romanzo. È una pasionaria castrista che interpreta il suo compito con efficienza e abnegazione. Tutte le mattine va nella casa di Andres portandosi una sedia in spalla. E assolve il suo lavoro autogestendosi.
La prima parte di Santa & Andrés procede come un film di vita quotidiana, in questa situazione nella periferia del paese, dove si riverberano le condizioni decise a livello centrale. Fidel si sente, ma non si vede, per un attimo in un discorso alla radio, o da una televisione fuori campo. Santa e Andrés convivono lo stesso spazio durante tutte le giornate, ma le loro esistenze viaggiano su piani diversi e i tentativi di comprensione sono pochi. Lui riesce a scrivere un nuovo libro di nascosto, con poche frasi quando è in bagno, unico momento in cui esce dalla visuale della donna. Lei ingenuamente non capisce quale sia la vera natura della relazione tra Andrés e il bel ragazzo che passa ogni tanto, che viene da lui spacciato come il nipote. Anche nei confronti dello spettatore, il regista Carlos Lechuga gioca a suggerire, a far passare poche informazioni ma a fare capire tutto intuitivamente. Solo a circa metà del film viene pronunciata esplicitamente la parola “maricón”, gay con senso dispregiativo, per indicare ufficialmente la condizione di Andres che comunque era già chiara.
Tra i due avviene un inizialmente timido avvicinamento, cominciano ad aprirsi tra di loro. È l’incontro tra due solitudini, relative, in uno spazio isolato. Quelli della sua generazione – Andrés commenta una sua vecchia foto in compagnia di amici – sono morti, e Santa ormai non ha più una famiglia. Echeggia un po’ la situazione di Il bacio della donna ragno, nella dimensione claustrofobica non tanto dissimile da quella di un carcere. Il passaggio successivo, fuori da quel mondo chiuso, vede instaurarsi una sorta di relazione, più o meno platonica, tra i due. Il passaggio è troppo brusco: il regista non riesce a rendere credibile questo nuovo atteggiamento. Cambia il modo di vestirsi di Santa, non è più castigata con quel foulard, ma indossa abiti colorati. E dallo squallore della baracca si passa a paesaggi naturali, zone palustri e scogli sul mare. Ancora il passaggio avviene in modo fin troppo schematico nella festa da ballo, dove il ragazzo di Andrés è insieme a un vecchio e l’uomo di Santa se ne va. Santa è innamorata ma Andrés forse è lui stesso prigioniero di un suo orgoglio gay, per il quale ha patito, combattuto e sofferto. La storia d’amore latente rimane tale, per motivi politici e sociali.
Santa & Andrés è una rievocazione di un contesto storico e del clima che in esso si viveva, più che una semplice opera di denuncia dei mali del castrismo. E in quel mondo Carlos Lechuga tratteggia una storia agrodolce e delicata, una storia fatta con i non detti, una storia di sentimenti inespressi.

Giampiero Raganelli

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