Flusso ipnotico in un viaggio senza fine
I rapporti, quelli veri, durano nel tempo e quello che lega artisticamente il regista Stephen Nomura Schible al connazionale musicista, compositore e attore Ryuichi Sakamoto, è uno di questi. Si tratta di un sodalizio che assomiglia a una vera e propria affinità elettiva, che ha portato il primo a dedicare ben due opere audiovisive a colui che è considerato tra i pionieri della fusione tra la musica etnica orientale e le sonorità elettroniche occidentali. Ciò ha dato vita sullo schermo, sino ad oggi, a progetti completamente diversi ma con un comune denominatore, ossia le sonorità incredibili e straordinarie del musicista giapponese premio Oscar per L’ultimo imperatore: dapprima a un ritratto intimo incentrato sull’uomo e sull’artista dal titolo Ryuichi Sakamoto: Coda (2017) e poi, l’anno successivo, al film concerto Ryuichi Sakamoto: Async Live at the Park Avenue Armory. Ed è quest’ultimo l’oggetto della nostra analisi critica, realizzata in occasione del suo passaggio tra gli eventi speciali del SoundScreen Film Festival 2018, ad una manciata di mesi dall’anteprima alla Berlinale.
Per comodità lo inseriremo nella macro-famiglia del documentario, ma nello specifico bisognerebbe parlare di una registrazione in presa diretta di un‘esibizione musicale, come era stato ad esempio per Vincent Morisset e il suo Inni, film sull’album live del gruppo islandese Sigur Rós, realizzato nel corso dei due concerti del 20-21 novembre 2008 all’Alexandra Palace di Londra per il tour di “Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust”. Per Ryuichi Sakamoto: Async at The Park Avenue Armory, Schible segue il medesimo modus operandi del collega, firmando un film dal vivo, registrato durante un intimo concerto di Sakamoto a New York. Girato durante la produzione del precedente documentario biografico, la performance segna la prima rivelazione pubblica del nuovo lavoro di Sakamoto battezzato “Async”, salutato come uno dei migliori album del 2017 da pubblicazioni prestigiose come Rolling Stone e Pitchfork.
Schible non deve fare altro che lasciare la scena al protagonista assoluto del concerto, catturando il suo assolo polistrumentale da una moltitudine di angolazioni. Quanto basta per restituire sullo schermo la potenza e il trasporto sensoriale di un’autentica esperienza acustica e in parte visiva. Per poco più di un’ora, Sakamoto regala ai fortunati presenti e ai futuri spettatori cinematografici/televisivi un concerto da camera da brividi, un flusso sonoro ipnotico ed ibrido fatto di contaminazioni ed evocazioni (numerosi generi quali pop, musica elettronica, ambient, bossa nova, world music e musica neoclassica), che per essere apprezzato nella sua totalità consigliamo caldamente di fruire con un impianto audio degno di questo nome. Questo perché, se non fosse per la presenza di immagini (loop di forme e colori non meglio identificati che ci conducono in non-luoghi) proiettate su un video-wall presente nella sala e riportati di tanto in tanto a tutto schermo dal regista, la pellicola in questione andrebbe ascoltata più che guardata. Vi invitiamo, pertanto, quando ne avrete voglia a chiudere gli occhi così da lasciarvi definitivamente andare ad un viaggio che, se non venisse interrotto dai titoli di coda e dalle ultime note suonate da Sakamoto, potrebbe tranquillamente non avere una fine.
Francesco Del Grosso