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Reversi

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VOTO: 9

Rewind: i futuri (im)possibili

L’edizione 2024 del Far East Film Festival ha messo in mostra un ribollire di idee non indifferente, per quanto riguarda il cinema del sud-est asiatico. Talvolta lo ha fatto rivitalizzando determinati generi, ad esempio l’horror, come nel caso di The Train of Death dell’indonesiano Rizal Mantovani. Da parte sua un film come Reversi prende un cliché fantastico come il viaggio nel tempo, di certo molto presente nel cinema contemporaneo, ma lo trascende egregiamente adattando le tracce di genere a un discorso filosofico profondo.

Se la Malesia è da tempo sugli scudi, vedi pure Abang Adik di Jin Ong trionfatore assoluto un anno fa a Udine, l’edizione 2022 del Far East Film Festival ci aveva proposto per il connazionale Adrian Teh un elegante biglietto da visita: The Assistant, crudo revenge movie imbevuto delle cupe atmosfere di una Kuala Lumpur completamente in balia della criminalità organizzata, laddove gli stilemi dell’action, del thriller, del noir e dello splatter movie facevano capolino sullo schermo con ironia e originalità. Film-maker estremamente versatile, reduce in patria da svariati lungometraggi e serie televisive di successo, Adrian Teh in Reversi ha deciso di cambiare registro ancora una volta.
Traccia fantasy. Presupposto paradossale: divenuto diciottenne Akid apprende dal padre d’aver ereditato lo stesso dono, la capacità cioè di poter tornare indietro nel tempo, in determinate circostanze, così da poter interferire sullo svolgersi degli eventi. Solo che tale “dono” è un’arma a doppio taglio. Sembra cioè avere un retrogusto “faustiano”, quasi da patto col diavolo, nel senso che ogni salto temporale finisce per incidere sull’aspettativa di vita del viaggiatore, facendolo invecchiare impercettibilmente (almeno all’inizio) ma inesorabilmente, mentre i tentativi di sovvertire eventi importanti come la morte di persone care sembrano avere il più delle volte un esito fallimentare, se non addirittura controproducente. Un Fato avverso e ineluttabile, insomma, irride alla bisogna i beneficiari di tale potere.

Il primo a confrontarsi con la duplice natura del dono ricevuto è per l’appunto il padre. Suo figlio Akid, impersonato da un superbo e a tratti davvero toccante Beto Kusyairy, crescerà cercando di dosare i viaggi con oculatezza, specie dopo aver intrapreso da adulto il difficile mestiere di mediatore della polizia. I possibili futuri derivati dal suo intervenire nel passato non sono sempre necessariamente i migliori possibili. E quest’uomo coraggioso, impavido, generoso, se ne renderà conto pienamente solo quando il più tragico degli eventi lo toccherà di persona: la tragica morte di due dei suoi famigliari più stretti. Il disperato tentativo di tornare indietro e impedire la tragedia, reiterato trasformatosi ben presto in ossessione, innescherà infatti un processo tale da minare ogni cambiamento di rilevo avvenuto nelle sue relazioni interpersonali sin dalla morte del padre. Facendoci ragionare tutti, alla fine, sulla necessaria accettazione di qualsiasi verità ci venga posta davanti, anche la più dura e apparentemente insopportabile. Saggezza orientale e cinema di genere finiscono così per trovare un mirabile, emozionante connubio, nel malinconico epilogo.
Pur giocando con poteri che possono far pensare a qualche supereroe targato Marvel o DC Comics, quindi, lo script del labirintico Reversi vola decisamente più alto, ponendo attraverso le vertiginose coordinate spazio-temporali del racconto acute riflessioni sul (non)senso della vita.

Stefano Coccia

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