In loving memory of Norma
Norma Cossetto. Per il sottoscritto tale nome esercita suggestioni che rimandano a un vecchio racconto paterno, ascoltato da adolescente, attraverso il quale chi vi scrive apprese quasi distrattamente alcune storie riguardanti l’esito della Seconda Guerra Mondiale, gli esuli istriani, le foibe, il susseguirsi di attacchi e rappresaglie dai differenti lati di un fronte bellico, che vedeva contrapposti eserciti dell’Asse e resistenza yugoslava. Tra gli aneddoti più strazianti appresi in famiglia vi era naturalmente la triste storia di Norma Cossetto, studentessa istriana poco più che ventenne la quale fu arrestata, seviziata, stuprata e gettata semi-viva in una foiba situata nei paraggi di Visinada, suo paese di nascita, da un drappello di partigiani titini e, stando a diverse ricostruzioni, anche italiani. In quel luogo la giovanissima Norma trovò una morte orribile, assieme ad altri connazionali. E tutto ciò avveniva nell’ottobre del 1943, a poche settimane da quell’armistizio così mal pianificato da avere conseguenze disastrose sia per i militari italiani che per gli stessi civili.
La truce aneddotica riguardante il supplizio di Norma Cossetto e gli eventi ad esso correlati se ne è rimasta lì, ad aleggiare nella memoria, per un paio di decenni, durante i quali il sottoscritto ha avuto modo di approfondire quel controverso contesto storico, politico e militare, attingendo da diverse fonti. Ora però la vicenda di Norma Cossetto e dei suoi famigliari è diventata un film. Anche un bel film, ci piace rimarcarlo subito, in barba ai logori anatemi lanciati da uno sparuto gruppo di detrattori; gente, questa, visibilmente prevenuta, nonché asservita ai più desueti e stantii dogmatismi ideologici.
La presenza nelle sale di Red Land (Rosso Istria), lungometraggio di ben 150 minuti ma senza alcuna ridondanza o pausa narrativa a renderne faticosa la visione, è perciò evento da salutare favorevolmente. Tuttavia non per tutti è stato così. Pesa ad esempio su tale uscita, data la ferocia dell’episodio narrato, il grottesco silenzio di certi ambienti femministi orientati a sinistra, squinternate combriccole da centro sociale ai cui occhi le recenti pantomime di Asia Argento o di qualche altra giuliva e gaudente divetta dello showbiz hanno evidentemente maggior importanza di casi reali e drammatici, nei quali la prevaricazione maschile nei confronti di soggetti femminili indifesi si è mostrata davvero in tutta la sua barbarie. Conta forse, per queste ultra-femministe a gettone, il fatto che Norma Cossetto fosse stata prelevata da partigiani comunisti in quanto figlia dell’ex podestà di Visinada? Sembrerebbe di sì, purtroppo. Così come, pur essendo trascorsi diversi anni da Porzus di Renzo Martinelli, conta ancora parecchio il disagio di quegli antifascisti da Festa dell’Unità con polenta e salsiccia, che non sapendo argomentare meglio le proprie opinioni si sono limitati a dare del fascista al regista Maximiliano Hernando Bruno.
Il conformismo ideologico genera mostri. Sì, perché tra i tanti meriti di Maximiliano Hernando Bruno vi è proprio l’aver evitato, già in sceneggiatura, fastidiosi manicheismi. Red Land (Rosso Istria) è invece un film onesto, ben girato, tanto equilibrato da non negare affatto, ad esempio, colpe dell’Italia fascista come quella di aver represso linguisticamente la popolazione slava, in terre dove la convivenza tra diverse etnie andava avanti da secoli. Cruente forme di revanscismo da parte yugoslava hanno anche lì la loro origine. Ma da qui ad avvallare, a giustificare gli eccidi di civili italiani o di militari già arresi al nemico avvenuti nei territori dell’Istria e della Dalmazia, ce ne vuole… ed è di questo che il film racconta, di eventi bellici dall’esito altamente drammatico per gli Italiani che vivevano in quei luoghi, come anche la valida e avvincente struttura a flashback (funzionale qui a introdurre l’altrettanto funesta questione dell’esodo) tende a rimarcare.
Forte di un’ottima ricostruzione ambientale, convincente nonostante i pochi mezzi a disposizione anche nelle sparute sequenze d’azione e di combattimento, Red Land (Rosso Istria) sconta giusto qualche eccesso melodrammatico (i ghigni del cattivissimo comandante titino sono un po’ da operetta, in effetti) ma è per il resto assai credibile, nel raccontare la tragedia di Norma Cossetto e della sua famiglia con un rispetto, un’equanimità e una pietas di fondo che conquistano sin dall’inizio lo spettatore. L’effetto è tale anche per le diverse sfumature di pensiero introdotte nei dialoghi e nella caratterizzazione di alcuni personaggi chiave: su tutti quello, così consapevole, magistralmente interpretato da Franco Nero. Oltre alla regia misurata di Maximiliano Hernando Bruno è pertanto il cast a farsi apprezzare, con nota di merito per le interpretazioni di Selene Gandini nei panni della sventurata Norma, di Sandra Ceccarelli, di Diego Pagotto e di una toccante Geraldine Chaplin.
Stefano Coccia