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Rambo – Last Blood

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VOTO: 5

Il tramonto di un eroe

Se è un incubo ad occhi aperti per favore svegliateci perché certi dispiaceri, a chi come noi ha un cuore fragile, fanno davvero male. Purtroppo però di incubo non si tratta e dobbiamo fare i conti con un film che lascia l’amaro in bocca, a maggior ragione se come annunciato segna il ritiro dal grande schermo di una figura che a suo modo è entrata prepotentemente nell’immaginario comune. Quest’ultimo di fatto ha dovuto dire basta appendendo una volta per tutte arco e frecce al chiodo, perché è l’anagrafe ad averlo richiesto. Al momento è così e probabilmente lo sarà in via definitiva, salvo quei ripensamenti ai quali la Settima Arte ci ha abituato nei decenni quando in ballo ci sono saghe di un certo calibro. Del resto ci si abitua a tutto e ce ne faremo una triste ragione.
Trentasette anni dopo il primo film e a undici dal quarto atto, arriva nelle sale nostrane dal 26 settembre il quinto e atteso capitolo di un franchise diventato un cult a tutti gli effetti. In Rambo – Last Blood. Sylvester Stallone torna nei panni di un personaggio che lo ha reso una star planetaria, ossia John Rambo, il veterano di guerra del Vietnam ed ex soldato delle forze speciali dell’esercito americano. Dopo aver abbattuto soldati sovietici in Vietnam e Afghanistan, fatto i conti con connazionali poco solidali e massacrato brutali combattenti dell’esercito birmano, John torna nel ranch di famiglia in Arizona per iniziare finalmente una vita tranquilla al fianco dell’amica Maria Beltran e di sua nipote Gabriela, o almeno l’intenzione era quella prima che il destino lo riporti di nuovo a scatenare l’inferno contro un ultimo nemico. Rambo si troverà ad affrontare i membri di un temibile cartello messicano implicato in un commercio sessuale di ragazze dell’Est, nel quale suo malgrado verrà coinvolta Gabriela.
Quella che va in scena è dunque una missione di recupero, di quelle al quale il protagonista ha preso parte in moltissime occasioni nel corso della sua carriera, ma stavolta le cose sono diverse perché in gioco c’è la sopravvivenza di una persona a lui cara. In Rambo – Last Blood ritroviamo il protagonista con un bel po’ di anni sulle spalle, qualche acciacco di troppo e una serie di ferite psicologiche mai cicatrizzate che non smettono di tormentarlo e che prova a tenere a freno con l’uso di farmaci. Ma tutto questo non gli impedirà di ricorrere nuovamente ad abilità belliche mai sopite e di rispolverare dalla soffitta l’immancabile arsenale, scatenando tutta la sua furia contro coloro che hanno osato mettere le mani sull’adorata nipotina.
Ed ecco là che sullo schermo si materializza sotto la direzione di Adrian Grunberg l’ennesima missione disperata con solo biglietto di andata in valigia, di quelle che il cinema ha disegnato in moltissime occasioni attraverso scie di sangue e cataste di cadaveri. Quale sarà l’epilogo e il conteggio approssimativo di corpi lasciati a terra al passaggio di Rambo sono piuttosto facili da pronosticare, poiché le tappe del racconto seguono un percorso lineare, fin troppo esile e già ampiamente codificato dal pubblico, indipendentemente dalla frequentazione oppure no della saga. Il quinto capitolo in tal senso si limita a mettere in scena una mattanza senza regole d’ingaggio che vede la speranza di salvezza trasformarsi in rabbiosa sete di vendetta da consumarsi quanto prima. Si assiste di conseguenza a un classico botta e risposta praticamente identico a quelli visti in operazioni analoghe più o meno recenti come Commando, Man on Fire, The Equalizer o Io vi troverò. Ciò lascia presagire a quale tipo di spettacolo, privo di qualsivoglia tentativo di stratificazione drammaturgica, prenderà passivamente parte lo spettatore di turno, chiamato a “celebrare” in maniera davvero poco onorevole il congedo cinematografico di un guerriero. Ci piange davvero il cuore nel vedere chiudersi così l’avventura militare ed esistenziale di una saga, con un film che altro non è che un tiro al bersaglio che non riesce ad andare oltre lo sparatutto videoludico in salsa splatter che trova il suo apice nel sanguinolento, ma comunque divertente, showdown nelle gallerie sotterranee del bunker prima e nel campo di battaglia in superficie poi.
Che questo sia un addio oppure un arrivederci, noi di Cineclandestino ci teniamo a mandarti un caloroso saluto per ringraziarti di quello che ci hai regalato sullo schermo in tutti questi anni. Ciao John, ci mancherai tanto e scusa se puoi chi ti ha mandato in pensione in questo modo.

Francesco Del Grosso

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