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Quo vadis, Aida?

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VOTO: 6.5

Mamma coraggio

Ha già avuto modo, la cineasta Jasmila Zbanic, di raccontarci la sua Bosnia e il terribile conflitto che ha devastato le sue terre negli anni Novanta. Se, infatti, Il segreto di Esma (Grbavica) – suo primo lungometraggio di finzione – ha vinto l’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2006, regalandole la notorietà internazionale, ecco che, in questa 77° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, ci viene raccontato per immagini un ulteriore episodio della guerra di Jugoslavia in Quo vadis, Aida?, in corsa per il tanto ambito Leone d’Oro.
Prendendo spunto da eventi realmente accaduti, dunque, ecco che la regista ha messo in scena le vicende di Aida, appunto, un’ex insegnante che lavora come interprete per l’ONU nella piccola cittadina di Srebrenica. Al fine di salvare la vita anche a suo marito e ai suoi due figli, la donna tenterà di farli collaborare insieme a lei nel negoziare durante le trattative con i serbi. Ma sarà davvero così semplice avere salva la vita? Sarà davvero dato loro tutto ciò che inizialmente era stato promesso?

Jasmila Zbanic ci ha regalato un film crudo e doloroso. Questo è un dato di fatto. E se tutto il lungometraggio gira intorno alla sua bravissima protagonista (l’ottima Jasna Duricic), è anche vero che lo spettatore stesso – fatta eccezione per brevi e sporadici momenti – assume immediatamente il suo punto di vista, riuscendo fin dal principio a immedesimarsi con lei, a soffrire con lei e a sperare con lei. Ed è proprio la scrittura della coraggiosa Aida – oltre alle indubbie capacità attoriali dell’interprete – a reggere sulle sue spalle l’intero Quo vadis, Aida?, in cui – di fianco a guizzi molto ben apprezzati, vi sono, purtroppo, momenti in cui si registrano dei veri e propri scivoloni.
Un film che fa male nel profondo, il presente Quo vadis, Aida?. Su questo non c’è dubbio. E se maestri del passato ci hanno insegnato che l’immaginazione è spesso più potente del vedere stesso, ecco che momenti riguardanti massacri e sparatorie ci vengono sapientemente nascosti dalla macchina da presa (ma non dai microfoni), evitando semplicemente ogni retorica, ma colpendo – se vogliamo – ancora più forte di un qualsiasi corpo massacrato in primo piano.
È sempre andato tutto liscio, dunque, durante la visione di questa ultima fatica della Zbanic? Purtroppo – spiace dirlo – no. E i momenti a lasciare le maggiori perplessità sono quelli – rigorosamente onirici – caratterizzati da numerosi ralenty atti a concentrarsi sui volti dei personaggi durante una festa e – soprattutto – il volere eccessivamente indugiare, man mano che ci si avvicina al finale, sulla disperazione della protagonista, finendo inevitabilmente per risultare eccessivi, tirando il tutto per le lunghe e perdendo quel rigore – stilistico e narrativo – che così bene aveva funzionato nei minuti precedenti.
Peccato. Soprattutto perché, per molti aspetti, il film complessivamente funziona. E – cosa non da poco – riesce ad arrivare allo spettatore forte e chiaro. Eppure, nonostante tutto, alla fine dei giochi, non ci si stupirebbe se Quo vadis, Aida? riuscisse a portare a casa anche qualche premio. Coppa Volpi?

Marina Pavido

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