Quell’oscuro oggetto del desiderio
Il genere erotico nel cinema, si sa, ha origini fin dai primi del Novecento nella lontana Scandinavia. Da allora la realizzazione di film a carattere pornografico è stata quasi sempre una prerogativa maschile. Infatti – salvo rare eccezioni come la regista Erika Lust – sono stati perlopiù cineasti di sesso maschile ad aver intrapreso tale strada, la quale – a sua volta – si è ulteriormente diramata in prodotti dal carattere autoriale ed in prodotti con finalità – per così dire – di semplice “intrattenimento”.
Con il passare degli anni, tuttavia, nonostante la copiosa e sempre costante produzione di tale genere, il porno viene tutt’ora considerato un tabù. Ancora di più, se vogliamo, in Italia. E ancora di più se ad occuparsi di tali prodotti sono delle donne. Però, nel 2013, si è arrivati al punto di dire “Basta!” a tutte queste ipocrite barriere. Così è nato il progetto collettivo “Le ragazze del porno”, che prevede la realizzazione di una serie di cortometraggi – tutti prodotti grazie ad un lungo lavoro di crowdfunding – da parte di un gruppo di registe, chi alle prime armi, chi con un’importante carriera alle spalle.
Uno dei primi lavori ad essere nato in seguito a tale operazione è proprio Queen Kong, diretto da Monica Stambrini e presentato in anteprima alla 52° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro.
Un uomo ed una donna si incontrano ad una festa e decidono di appartarsi vicino ad un bosco. Dopo le prime difficoltà dell’uomo ad iniziare il rapporto sessuale, la donna si allontana da lui e si addentra all’interno del bosco stesso. L’uomo la segue e, tutt’a un tratto, si imbatte in una strana creatura dalle sembianze mostruose, la quale, però, riesce – senza neanche troppi sforzi – a sedurlo.
Monica Stambrini – che ha firmato il suo esordio alla regia nel lungometraggio nel 2001 con Benzina – si è fin da subito dimostrata un’autrice che non ha paura di osare davanti alla macchina da presa. Così è stato per i suoi precedenti lavori, così è per questo suo ultimo cortometraggio, il quale – a sua volta – si è rivelato un prodotto piuttosto interessante.
Al di là del carattere pornografico di tutto il lavoro, quello che maggiormente colpisce di Queen Kong è l’indagine sull’inconscio del protagonista che viene affrontata. La paura delle donne, il riuscire ad essere sé stessi soltanto di fronte ad individui da cui normalmente si è portati ad allontanarsi, uno strano gusto del macabro – troppo scabroso da rivelare a chi ci circonda. Il lavoro della Stambrini sta a celare – neanche troppo velatamente – qualcosa di estremamente complesso che fa parte delle numerose manie e perversioni della mente umana. Il tutto raccontato con quel tocco di ironia che non guasta mai.
Ed ecco che la pornografia in sé passa magicamente in secondo piano, pur rivelandosi un espediente interessante per raccontare in modo trasversale e personale le perversioni qui messe in scena, in un’azzeccata atmosfera dai tratti horror-gotici. Che il mostro dei boschi sia un effettivo alter ego della donna della festa? Che sia una proiezione mentale del protagonista stesso? Ad ognuno la propria interpretazione.
L’unica pecca del cortometraggio – proprio per la complessità del tema trattato – è – paradossalmente – proprio quella di essere un cortometraggio. Sarebbe stato senz’altro interessante sviluppare ulteriormente l’argomento. Oppure girare una serie di episodi correlati tra loro che stiano a raccontare diverse manie. E, chissà, magari questo è proprio il prossimo progetto di Monica Stambrini, dalla quale ci aspettiamo senz’altro interessanti quanto sconvolgenti lavori futuri.
Marina Pavido