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Pussy Riot

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VOTO: 8

Pussy Riot: la rivolta punk in Russia

Pussy Riot è un documentario forte, intenso e soprattutto punk dall’inizio alla fine.
Nonostante non ce l’abbia fatta ad essere stato nominato agli Oscar di quest’anno, il film di Mike Lerner e Maxim Pozdorovkin ha suscitato una vera e propria rivoluzione raccontando la storia di tre membri del collettivo e gruppo punk rock femminista russo “Pussy Riot”, Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alyokhina e Yekaterina Samutsevich, (Nadia, Masha e Katia), che sono state arrestate dalle forze dell’ordine russe nel febbraio 2012, dopo una performance di protesta nella cattedrale moscovita del Cristo Salvatore, e sono state poi condannate con l’accusa di blasfemia. Un atto rivoluzionario contro l’arcivescovo Kirill I, patriarca di Mosca e capo della chiesa ortodossa, nonché  contro il presidente antidemocratico Putin.
Anche se lo spettatore può pensare che le ideologie delle ragazze siano un po’ estremiste e spesso anche caotiche, i registi sono bravi nel mettere in evidenza la loro umanità e la loro individualità. Le Pussy Riot sono giovani donne russe che credono in alcune idee precise, sono delle artiste e attiviste che vogliono rinnovare e svegliare culturalmente il loro paese. Le Pussy Riot sono giovani donne russe che vanno all’Università, alcune di loro sono mamme, alcune lavorano e tutte amano la musica punk, veicolo e strumento che usano per rivendicare i loro diritti e per cercare di “svegliare le masse” con le loro parole ed esibizioni forti.  La loro protesta in fondo racchiude un qualcosa di artistico: i passamontagna colorati indossati dalle ragazze durante le loro performance incursive per non farsi riconoscere durante lo scavalcamento e assediamento di palazzi e proprietà private sono una dichiarazione molto forte ma anche ad effetto. Un movimento che sembrava parlare a bassa voce ma che invece causa un vero e proprio putiferio internazionale. Quando le tre componenti del gruppo vengono arrestate, la loro “punizione” diventa un simbolo idealizzato, rivoluzionario. C’e’ chi lo critica, come molti russi ancora assopiti dalle idee putiniane e dal cinismo politico; e c’è chi invece celebra l’atto eroico delle ragazze, come alcuni dei loro familiari. In una delle scene più toccanti del documentario troviamo il padre di una di loro che sventola una foto della ragazza dicendo di essere orgoglioso di lei perché è una donna coraggiosa che crede in quello che fa. Per questo la serie di eventi menzionati nel documentario mostrano che in fondo questo era lo scopo che le ragazze volevano raggiungere. Le dichiarazioni delle tre donne, quasi sempre viste durante le loro apparizioni pubbliche, sono sempre e comunque pregnanti, soprattutto nelle immagini riprese durante il processo, dove esse mostrano la loro determinazione a far valere i loro diritti. E proprio il loro processo diventa il veicolo ideale per richiamare l’attenzione di tutti verso il movimento femminista russo: addirittura Madonna durante uno dei suoi concerti a Mosca, ha dichiarato apertamente di sostenere le Pussy Riot.
Il documentario non si perde in materiale da repertorio ma mette invece in rilievo l’innovazione ideologica del gruppo, con filmati spesso rubati e con le immagini del processo. I due registi, con ovvie prese di posizione politiche, denunciano la situazione socio-politica-religiosa e il nazionalismo russo che diventano in ogni occasione il bersaglio della satira e di accusa delle canzoni delle Pussy Riot. Un episodio da menzionare è quello in cui uno dei registi era arrivato all’aeroporto di Mosca con delle copie del film che doveva essere proiettato a tranello in un teatro statale ma poco dopo è stato bandito proprio dal ministero della cultura della città per il suo messaggio contro la politica del paese e perché il suo film non e’ considerato qualcosa di artistico.
Ancora una volta un documentario come Pussy Riot ha dimostrato di poter muovere le coscienze in tutto il mondo e portare un messaggio di speranza di un rinnovamento culturale anche dove la terra non sembra essere fertile al cambiamento e ancora un volta lo ha fatto un film prodotto da HBO, canale televisivo che negli Stati Uniti è sempre più impegnato in produrre film che sostengono forti argomenti sociali.

Vanessa Crocini

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