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Poveri ma ricchi

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VOTO: 6.5

Vecchio ma nuovo        

Natale: tempo di stare in famiglia, tempo di grandi scorpacciate, tempo di regali, tempo di ricordi, tempo di buoni sentimenti e, ahimé, tempo anche di cinepanettoni! Quelli, come ogni anno, non mancano mai. Non appena si avvicina il periodo natalizio, infatti, già sappiamo, ormai, che numerose commedie italiane di grande distribuzione – e di discutibile qualità – arriveranno copiose nelle nostre sale. Non resta che scoprire quali saranno, di anno in anno, i titoli presentatici, sebbene, per quanto riguarda la maggior parte di essi, sappiamo quasi per certo che si tratterà di copie di film già visti e rivisti. Detto questo, uno degli ultimi prodotti arrivati in sala è Poveri ma ricchi (non lasciatevi ingannare dai rimandi neorealisti del titolo, però!), remake del francese Les Tuche (per la regia di Olivier Baroux) ed ultima fatica del regista nostrano Fausto Brizzi, già noto al grande pubblico per aver diretto fortunati lungometraggi come Maschi contro femmine, Ex e Notte prima degli esami. Al di là di ogni qualsivoglia scetticismo o luogo comune sui cinepanettoni, una cosa, tuttavia è da riconoscere: questo ultimo lavoro di Brizzi è di gran lunga migliore dello stormo di primizie che stanno per propinarci in questi giorni. Vediamo perché.
Ci troviamo, innanzitutto, in un piccolo paesino sulla Prenestina, appena fuori dalla Capitale. La famiglia Tucci, mai stata particolarmente abbiente, vince inaspettatamente cento milioni di euro al superenalotto. Malgrado le iniziali intenzioni di tenere la cosa segreta in paese, presto si viene a conoscenza dell’identità dei fortunati vincitori e, di conseguenza, la famiglia intera – a causa delle insistenti richieste di aiuti economici da parte di amici e parenti – sarà costretta a lasciare la propria casa per trasferirsi nella città che registra il più alto reddito pro capite in Italia: Milano.
Sarà per la scelta di far interpretare ad alcuni attori del cast personaggi a cui normalmente non si sono mai rapportati, sarà per l’idea di far ridere evitando la volgarità, sarà per la giusta gestione dei tempi comici, sarà per l’impiego, in sceneggiatura, di trovate più che indovinate, sarà (e questa è una cosa che potrebbero pensare i più “malignetti”) che il film stesso è tratto da una commedia che poco ha a che vedere con i cinepanettoni nostrani, ma Poveri ma ricchi si presenta in linea di massima come un lungometraggio onesto e ben riuscito, nel suo genere.
Convincente è un Christian De Sica nei panni di un lavoratore “burino” e di gran cuore, azzeccata la brava Anna Mazzamauro nel ruolo della nonna appassionata di fiction televisive ed innamorata di Gabriel Garko. Il vero pezzo forte di questo lungometraggio di Brizzi, però, sono determinati espedienti comici, tra cui la comparsata di Al Bano nel ruolo di sé stesso e le conseguenti gag che ne vengono fuori: trovate fuori dagli schemi della comicità standard “da cinepanettone” che, in questo contesto, funzionano piuttosto bene.
Il problema principale di Poveri ma ricchi è, in realtà, un altro: per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi stessi, troppo repentini sono i cambiamenti interiori (in particolare per quanto riguarda il personaggio interpretato da De Sica) per poter essere credibili. Così come eccessivamente ripetitivi appaiono i contrasti tra nord e sud Italia, qui messi in scena. Ripetitivi e, ormai, troppo inflazionati all’interno delle grandi produzioni cinematografiche italiane. Detto questo, però, questo ultimo lavoro di Brizzi resta comunque un prodotto che, in un certo senso, sorprende. E, proprio per la sua onestà, merita una priorità di visione rispetto ad altri cinepanettoni, nel caso in cui si desiderasse fruire esclusivamente di un certo tipo di cinema.

Marina Pavido

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