Pubblicità regresso
Nel variegato mondo del cortometraggio si può essere anche molto brevi, ma non per questo meno intelligenti e ironici. Lo dimostra appieno PornHorror di Iolanda La Carrubba, “mini-film” della durata di un minuto e quarantatre secondi che, sotto le sembianze di un finto spot pubblicitario, racchiude invece una ficcante critica a quella che è la necessità tutta contemporanea di mettersi in mostra allo scopo di riuscire a “vendersi”, con tutti i virgolettati e i conseguenti significati del caso.
Avendo già dimostrato con il lungometraggio Senza chiedere permesso – già recensito sulle nostre pagine virtuali – un’ottima capacità di inserire un preciso percorso cognitivo in quello che all’apparenza poteva sembrare un piacevole teatro dell’assurdo, Iolanda La Carrubba si ripete anche in questo corto breve, immergendo il tutto in una riuscitissima atmosfera catacombale. La telecamera perlustra rasoterra un ambiente costituito da cappi per impiccagioni e sedie da tortura assai poco ospitali, con nell’aria vaganti bolle di sapone che creano un effetto ilare tanto paradossale quanto riuscito. Stacco di montaggio e compare la stessa regista intenta a lavare qualcosa in una tinozza. Entra in scena un uomo, il quale le annuncia di aver acquistato il sapone di cui aveva bisogno. Sbagliando però la marca, come sovente gli capita, sottolinea lei.
In pochi secondi di durata Iolanda La Carrubba riesce a fare brillantemente il classico punto della situazione. Ribalta le presunte convenzioni sessuali, con la donna vera forza motrice di qualsiasi cosa e l’uomo in posizione decisamente subalterna, mentre il cosiddetto buon gusto visivo è già abbondantemente sceso al di sotto del livello di guardia. PornHorror – dalla marca dell’unico sapone in grado di fare vera pulizia – fornisce sin dal nome il ritratto impietoso di un universo non solamente audiovisivo in totale disfacimento e progressiva decomposizione, nel quale tutto è lecito allo scopo di catturare quel briciolo di attenzione indispensabile a farsi notare. Perché ogni premessa d’immagine può risultare ingannevole, se ci si sofferma solamente sulla superficie. Ad essere messo in discussione è dunque l’intero impianto su cui è fondata la nostra attuale società. Parrebbe un discorso eccessivamente ambizioso per le corde di un cortometraggio così breve; ed invece PornHorror riesce quasi alla perfezione nello scopo di fornire, con tanta ironia mescolata a lucido sarcasmo, una fotografia quantomai realistica del nostro mondo, pencolante tra desiderio di arrivismo e istinti di sopraffazione reciproca. Pure nell’ambito di un rapporto di coppia che spesso sopravvive proprio perché del tutto sbilanciato a favore di una delle due componenti. Manco a dirlo quella femminile…
Tutto questo basta e avanza, allora, per dedicare una manciata di secondi alla visione attenta di PornHorror, lavoro che il lettore troverà in calce a quest’articolo. Un mini-cortometraggio, come si scriveva poc’anzi abilmente camuffato da spot, che pare uscito dritto dritto da uno di quei film antologici della seconda metà anni settanta tipo Ridere per ridere (The Kentucky Fried Movie, 1977) di John Landis. Opere composte da folgoranti schegge visive di differente durata che, tra intenti satirici, sana goliardia e umorismo molto nero, possedevano l’indubbio merito di guardare ben oltre i confini del loro tempo. Sino a preconizzare un’ipotesi di futuro assai temuto, in verità sin troppo simile al presente che stiamo vivendo.
Daniele De Angelis